da L’Osservatore Romano, 19 aprile 2009
Il facile equivoco della religiosità sostenibile
Benedetto XVI e l’incontro tra fede e ragione
Pubblichiamo le conclusioni dell’editoriale del numero in uscita della rivista “La Civiltà Cattolica”.
La ragione moderna e la scienza si autocomprendono come capacità “autonoma” di conoscenza dell’uomo e della natura, alla quale consegue l’autonomia della ricerca scientifica, oltre il suo specifico campo di attività, nello stabilire la totalità del senso dell’essere uomo. In questa concezione onnicomprensiva, nota giustamente Benedetto XVI, “gli interrogativi propriamente umani” cioè quelli del “da dove” e del “verso dove”, gli interrogativi della religione e dell’èthos, non possono trovare posto nello spazio della comune ragione descritta dalla “scienza” intesa in questo modo e devono essere spostati nell’ambito del soggettivo.
Il soggetto decide, in base alle sue esperienze, che cosa gli appare religiosamente sostenibile e la “coscienza” soggettiva diventa in definitiva l’unica istanza etica. In questo modo, però, l’èthos e la religione perdono la loro forza di creare una comunità e scadono nell’ambito della discrezionalità personale.
È chiaro così che la discussione sulla ellenizzazione/disellenizzazione del cristianesimo non è la riesumazione di una disputa storico-teologica. La difesa dell’ellenizzazione del pensiero giudaico-cristiano da parte del Papa è finalizzata alla difesa della realtà più profonda dell’uomo contro la pretesa razionalista di emarginare la cultura religiosa del cristianesimo, come oggi tentano di fare palesemente le correnti dello scientismo estremista.
Il discorso di Regensburg non intende svalutare o, peggio, misconoscere la funzione della scienza nella cultura.
È superfluo ricordare che il Magistero della Chiesa, nel Vaticano I e nel Vaticano II, ha dichiarato solennemente che esistono due distinti ordini di conoscenza, quello della fede e quello della ragione, e ha riconosciuto la legittima autonomia di tutte le scienze (cfr. Gaudium et spes, n. 59 c; n. 36).
Il Papa non vuole certo rivedere questa dottrina. Piuttosto, sulla traccia dell’incontro tra fede biblica e razionalità greca, ha voluto insegnare che è ancora possibile l’incontro tra fede e ragione e che entrambe sono al servizio sia delle sorti dell’umanità sia della cultura dell’Occidente.
Non sono di scarso peso né prive di mezzi le forze che oggi lavorano per impedire quell’incontro, per far divergere i percorsi della fede e della ragione.
A esse Benedetto XVI ricorda che una ragione che disprezza la fede e si fa unica e suprema garante del senso e dell’interpretazione della vita, sconvolge la verità integrale sull’uomo e sul mondo. È il pericolo insito nel pensiero che si tiene nei termini della pura immanenza.
E c’è l’altro pericolo, abbastanza rilevato dalle attuali cronache. Una fede cieca, senza apertura alla sua intelligibilità, rovina la stessa immagine di Dio perché produce intolleranza e violenza nei rapporti personali e sociali.
E c’è un ultimo e più grande pericolo che nasce dal razionalismo autosufficiente.
Lo richiama all’attenzione Carlo Cardia – La fede è una cosa semplice proprio perché razionale, su “Il Foglio” del 16 settembre 2006 – parlando del cristianesimo come di una delle più efficienti realtà che possa fermare l’uomo contemporaneo sulla china di scelte irreversibili. E si riferisce alla materia della pace e della guerra, alla solidarietà verso i più deboli, allo stravolgimento genetico del genere umano.
“Un esperimento estremo di società che prescinde totalmente (anche per legge) da Dio e dalla religione è stato fatto, in tutto l’universo comunista (e totalitario) contemporaneo, un universo ampio geograficamente, lungo temporalmente, immenso dal punto di vista della quantità di uomini coinvolti. Cosa ne è derivato, se non un grande bisogno di rifondare queste società daccapo, dopo che una larga fetta d’umanità era caduta nell’arbitrio più totale, nella violenza quotidiana del potere, nell’uso opportunistico di princìpi e valori che avevano perso ogni fondamento? Vorrà pure dire qualcosa questa considerazione dal punto di vista razionale”.
© L’Osservatore Romano
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