Nell’ambito del convegno “Astronomy: A Common Ground for Sharing Humanity’s Concerns”, organizzato dalla Specola Vaticana dal 22 al 26 giugno 2009, con il Patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, Paolo Centofanti, Direttore SRM, ha intervistato S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, sul rapporto odierno tra Sacre Scritture e astronomia, sul “caso Galileo” e sull’importanza delle attuali tecnologie di comunicazione per definire una corretta informazione sul rapporto tra scienza e fede.
Pubblichiamo l’intervista, e nei prossimi giorni l’introduzione di P. Josè Luis Funes, Direttore della Specola Vaticana, e gli abstracts degli interventi del Prof. Marco Bersanelli, e di P. George Coyne.
Come valuta oggi il rapporto tra Astronomia e Sacre Scritture ?
Nonostante la complessità, la drammaticità di questo confronto, perchè il “caso Galileo” sia pure ormai mitizzato rimane pur sempre comunque una sorta di pietra di scandalo, una sorta di incrocio e di groviglio nell’interno delle relazioni tra fede e scienza, dobbiamo dire che il problema è abbastanza semplice nella sua soluzione: è un problema squisitamente di ermeneutica, cioè di interpretazione dei testi.
Una lettura del testo biblico nella sua autenticità, cioè nella sua vera funzione, permetterebbe di comprendere che compito delle Scritture non è tanto quello di rivelarci un sistema cosmologico, fermo restando che le Scritture vivono ed esprimono un sistema cosmologico datato, ma, come notava giustamente Galileo, scrivendo a Cristina di Lorena e all’abate Benedetto Castelli, è quello di mostrarci quelle verità che essendo necessarie per “la nostra salute”, scriveva Galileo, cioè per la nostra salvezza, non possono essere da noi conosciute, se non attraverso lo Spirito Santo.
Ecco allora la corretta interpretazione delle Scritture che non ci insegnano una modalità cosmologica, ma nell’interno di un quadro cosmologico, che esse pure usano, ci insegnano un messaggio di senso, sul cosmo, sull’essere, sull’universo e sulla creatura umana in essa incastonata.
Per P. Coyne, intervenuto al Convegno dell’Istituto Stensen, il caso Galileo sarebbe chiuso, mentre per altri la Chiesa dovrebbe ancora analizzare il proprio comportamento, e scusarsi. Si può considerare un “caso” risolto ?
Io sostengo soprattutto una necessità: da una parte la necessità di offrire, in maniera assoluta e totale tutti i materiali, anche direi proprio attraverso un dvd, cioè in prima visione, in prima lettura, tutti i materiali che riguardano il “caso Galileo”, perchè non si abbia a pensare in qualche modo che esista una manipolazione. Io parlavo appunto prima di una sua drammaticità, di una sua tensione.
Detto questo, affermato questo, quindi la necessità se si vuole ancora di studiare anche se ormai il caso Galileo per buona parte dal punto di vista storico è stato affrontato, dall’altra parte però è necessario operare una demitizzazione cioè il “caso Galileo” è diventato una sorta di vessillo, di emblema, che non si vuole mai avvoltolare, anche se è lontano ormai quattro secoli. Ecco, quindi, l’importanza di iniziare a guardare alle relazioni tra fede e scienza, tra teologia e scienziati, guardando sia a quelle attuali, sia al futuro che ci attende.
Lei prima parlava dell’opportunità e della necessità dell’utilizzo delle attuali tecnologie di comunicazione per diffondere materiali e documenti che aiutino a definire correttamente il rapporto tra scienza e fede …
Questo è assolutamente vero e indiscutibile: quanto più si fa conoscere anche pagine “difficili”, tanto più è possibile stabilire una base sincera, libera, creativa, per un diverso dibattito, un diverso confronto.
Ora poi le possibilità sono molteplici, una volta soltanto lo studioso poteva accedere nell’interno degli spazi protetti degli archivi, aveva bisogno di ricorrere magari alla lettura del testo in maniera diretta. Ora tutti i mezzi strumenti che ci vengono offerti dalla attuale comunicazione, ci permettono da un lato di arrivare alle sorgenti in maniera diretta, rendendole tra l’altro disponibile a tutti; e dall’altra parte però permettono ed esigono, con nuove modalità, una comunicazione che sia più facile, più comprensibile, più immediata, che spieghi bene le questioni, che le sciolga, in modo che sia possibile definire una conoscenza di questi problemi più limpida e più diffusa, in una platea molto più vasta, senza preconcetti.
Intervista di Paolo Centofanti
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