Pubblichiamo intervista di Paolo Centofanti, a Mons. Fiorenzo Facchini, antropologo dell’Università di Bologna
Lei è intervenuto nei giorni scorsi alla Scuola Estiva di Poblet, che quest’anno aveva come tema Evoluzione e Comportamento. Quali sono le sue impressioni e valutazioni conclusive su questa settimana di studi ?
Credo sia stato un incontro utile e intenso, sia per gli argomenti trattati che per la partecipazione di esperti di diverse discipline, interessate a diverso titolo al tema del comportamento nei primati, tema che in qualche modo sfiora, se non l’affronta direttamente, anche il comportamento degli esseri umani, e le caratteristiche comportamentali negli uni e negli altri.
Argomenti quindi che si prestano anche a degli ampliamenti, e infatti sono stati toccati nella discussione anche problemi di carattere più generali, relativi sempre all’evoluzione, proprio in relazione a quello che è il comportamento delle specie nei diversi ambienti, le relazioni che le specie stabiliscono con i diversi ambienti; possiamo dire lo sfondo su cui vanno considerate le diverse specie, nel caso specifico i primati e l’uomo.
Partendo quindi da comportamenti generali, che si possono riconoscere non solo nei primati ma anche in altre specie, illustrati da esperti nelle varie discipline, si è poi passati ad esaminare più approfonditamente il comportamento dei primati, inquadrandolo in quello che è stato lo sviluppo della filogenesi nei primati stessi, e poi gli aspetti cognitivi che riguardano non solo i primati non umani, ma anche l’uomo stesso.
La questione dell’uomo non è stata effettivamente trattata in modo diretto, è stata solamente sfiorata, ma sono stati comunque affrontati alcuni argomenti che riguardano propriamente l’identità psicologica, mentale, anche spirituale dell’essere umano.
Abbiamo avuto la fortuna di poter lavorare in un clima molto amicale, proficuo prima di tutto dal punto di vista umano, poi ovviamente anche culturale. Credo con soddisfazione da parte di tutti, anche per l’ambiente, il senso di spiritualità che un monastero come quello di Poblet riesce a trasmettere, e a far vivere personalmente. La considero quindi una esperienza estremamente valida, che credo possa avviare delle riflessioni di grande utilità, sia dal punto di vista scientifico e culturale, che per noi stessi come esseri umani.
Recentemente JacaBook ha pubblicato il libro “La lunga storia di Neandertal”, il cui sottotitolo è appunto Biologia e Comportamento, di cui lei è curatore, e uno degli autori. Può darcene una anticipazione ?
Il volume fa il punto sulle attuali conoscenze sui Neandertaliani; in un certo senso è stato sollecitato da un simposio internazionale che abbiamo organizzato a Bologna nel 2006, e che ha visto la partecipazione di molti esperti delle varie discipline, con relazioni di grande interesse.
Quindi in parte illustra i frutti di questo incontro, in parte presenta altri contributi che abbiamo chiesto a colleghi che non avevano potuto essere presenti. Ne è scaturita la pubblicazione di questo volume che spazia sui Neandertal con grande ampiezza.
Oggi le idee e le teorie sui Neandertal sono piuttosto diverse da quelle che si avevano anche soltanto dieci o quindici anni fa, e i Neandertal appaiono sempre di più come grandi protagonisti della preistoria dell’Europa. E’ ormai certo che per centinaia di migliaia di anni hanno appunto dominato lo scenario europeo.
Quindi quando pensiamo ai Neandertaliani, non dobbiamo più pensare solo ai cosiddetti “Neandertaliani Classici”, compresi tra i 200.00 e i 40.000 anni fa, ma dobbiamo pensare anche ai loro antenati, che possiamo riconoscere di fatto nell’uomo fossile europeo, a partire già da almeno 400.000 anni, forse anche oltre. Reperti di Tottadelle, delle grotte di Aragò e di Atapuerca presentano alcuni aspetti neandertaliani, e potremmo dire che qualche caratteristica Neandertaliana la si ritrova un po’ in tutti i fossili europei, in questo lungo arco di tempo che copre tra mezzo milione e 40.000 anni fa.
E’ importante poi aggiungere che una certa enfasi è stata data in questo volume, da alcuni contributi, al simbolismo nei Neandertaliani, una caratteristica che non sempre veniva riconosciuta. Potremo anzi dire che per molto tempo i Neandertaliani sono stati bistrattati sotto questo aspetto, ma oggi è certamente sostenibile, con molti argomenti, la presenza in essi di un simbolismo.
Un altro punto al quale abbiamo dato particolare attenzione nel volume riguarda gli ultimi Neandertaliani e i processi di acculturazione che si ebbero in alcune regioni europee, nel centro Europa e anche nella penisola italiana, in conseguenza anche dei rapporti con l’uomo moderno, pur senza pensare necessariamente a mescolanze dal punto di vista razziale o biologico.
Come pure non mancano alcune puntualizzazioni sulle ricerche sul dna nei Neandertaliani, in base all’esame di reperti di individui risalenti a 50.000 -60.000 anni fa. Anche questo aspetto bio-molecolare è stato affrontato considerando le problematiche già note, che riguardano la individuazione o distinzione possibile di specie: la specie Neandertaliana e la specie dell’uomo moderno, e quindi l’identità bio-molecolare di questi grandi raggruppamenti; specie o raggruppamenti che che forse non hanno avuto ibridazioni, o non ne hanno comunque segni evidenti, anche se non si possono escludere contatti dal punto di vista biologico, oltre che dal punto di vista culturale.
Quali sono i punti ancora non ben definiti , le questioni ancora aperte, sui Neandertal, e quali altre novità importanti ?
Prima di tutto le origini, la formazione dell’Uomo di Neandertal; è un processo che avviene nel corso di centinaia di migliaia di anni, e che si può ricollegare probabilmente anche all’homo antecessor di Atapuerca, o comunque a forme che sono riferibili all’homo erectus, o homo antecessor, come alcuni preferiscono chiamarlo.
Poi, l’umanità certamente proviene dall’Africa, ed è arrivata in Europa intorno ai 100.000 anni fa; però le origini sono un argomento che deve essere ancora definitivamente e completamente chiarito, per quanto le radici rimangono quelle dell’uomo africano. Questo credo sia un argomento che può avere un notevole interesse anche dal punto di vista filetico. Come pure gli studi sul dna possono avere grande interesse per una migliore definizione, anche dal punto di vista strettamente biologico, dei Neandertaliani.
Come anche è importante definire, per tutti i processi di acculturazione a cui accennavo prima, se e in che misura siano avvenuti per la coesistenza e le relazioni tra Neandertaliani e Uomo Moderno. Coesistenza e relazioni dimostrabili, oltre che supponibili, in alcune regioni europee.
Questi certamente potrebbero essere argomenti ancora da approfondire, sui quali nuovi ritrovamenti e nuove scoperte potrebbero essere davvero illuminanti.
Intervista di Paolo Centofanti, Direttore SRM
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