da Il Messaggero, 20 luglio 2009
Fede & Scienza
di Gianfranco Ravasi
«FEDE e scienza sono complementari e non opposte e incompatibili». Lo diceva Arno Allan Penzias, Nobel 1978 per la fisica, dialogando con Riccardo Chiaberge nel volume La variabile Dio. È, dunque, necessario lasciare alle spalle l’orgogliosa autosufficienza dello scienziato che relega la teologia nel deposito dei relitti di un paleolitico intellettuale, superato da chi corre gloriosamente sul luminoso e progressivo viale della scienza moderna. Ma si deve anche vincere la tentazione del teologo che si illude di perimetrare i campi della ricerca scientifica o di finalizzarne i risultati apologeticamente a sostegno delle sue tesi.
Come scriveva Schelling, occorre che scienziato e teologo «custodiscano castamente la loro frontiera», rimanendo aderenti ai loro specifici canoni di ricerca, pronti però anche a rispettare e a tenere in considerazione i metodi e i risultati altrui. Un celebre scienziato come Max Planck (1858-1947), nel suo saggio sulla “Conoscenza del mondo fisico”, scriveva che «scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente». Tesi ribadita anche da un Papa come Giovanni Paolo II quando nel discorso conclusivo della “Commissione del Caso Galileo” affermava: «La distinzione tra i due campi del sapere (scienza e fede) non dev’essere intesa come un’opposizione. I due settori non sono estranei l’uno all’altro, ma hanno punti di incontro. Le metodologie proprie di ciascuno permettono di mettere in evidenza aspetti diversi della realtà».
Ebbene, se vogliamo stare a un tema particolare al centro del dibattito di quest’anno centenario di Darwin, quello dell’evoluzione umana, una delle questioni capitali che la scienza presenta, ma al cui svelamento contribuiscono in modo determinante sia la filosofia sia la teologia, è quella, delicata e fluida, del segnale o degli indizi che mostrano l’emergere dell’ominizzazione lungo la grande e complessa traiettoria evolutiva. In passato ci si appoggiava un po’ “quantitativamente” sullo sviluppo della capacità cranica e si parlava appunto di un “Rubicone cerebrale”, cioè di una svolta legata alla crescita della massa del cervello. Poi, però, si è preferito puntare più sui “marcatori” culturali, come il primo apparire del linguaggio e dell’attività simbolica, con l’affiorare di una primordiale sensibilità estetica. Ebbene, è proprio in questo ambito che la filosofia e la teologia possono dare un ulteriore contributo di comprensione.
Innanzitutto lo può fare la filosofia che ci aiuta a individuare il trapasso dalla pura e semplice biologia, per cui l’organismo funziona secondo regole obbligatorie, alla elaborazione cosciente che giustifica, controlla e persino muta quei fenomeni primari. L’uomo riesce, allora, a rendersi ragione della sua realtà, a spiegarla e a dominarla, a scoprirne le regole che la reggono e a giustificarle. Ma a questo punto avviene qualcosa di più alto che sconfina nell’etica. Per descriverlo vorremmo ricorrere a quel grande pensatore, scienziato e credente che fu Blaise Pascal. Egli nei suoi Pensieri distingueva un triplice livello progressivo: l’ordine della carne, l’ordine dello spirito e quello della carità. Quest’ultimo livello con la sua gratuità non solo va oltre il meccanismo della carne, ossia della corporeità, già superato dall’ordine dello spirito, ma, come scriveva il filosofo, trascende anche «tutti gli spiriti insieme e tutte le loro produzioni», aprendo l’uomo all’infinito e all’eterno.
Questo trascendimento lo si scopre, ad esempio, proprio nella gratuità creativa della carità, che va oltre ogni rigida connessione biologica e anche contro la stessa logica dello spirito che riflette e argomenta. Si pensi alla grandiosa libertà etica esaltata dal cristianesimo col perdonare le offese, proteggere gli ultimi, aiutare anche il nemico o l’estraneo, «dare la stessa vita per la persona amata» (Giovanni 15,13). Ora, non è possibile ricondurre questa complessità e originalità sconcertante nel bene e nel male, tipica della creatura umana, questo “ordine della carità”, affermata o negata, a una mera risultanza biologica, fermo restando che tutto questo non esclude i dati scientifici della paleontologia, della sistematica e della biologia molecolare, che confermano l’evoluzione progressiva delle varie forme strutturali del vivente (“l’ordine del corpo”, sempre per usare il linguaggio pascaliano).
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