Un nuovo sistema solare individuato dalla sonda Kepler
da L’Osservatore Romano, 5 febbraio 2011
di Maria Maggi
C’è una stella simile al Sole, a 2000 anni luce di distanza da noi. Si chiama Kepler 11. Ci sono sei pianeti, che ruotano intorno ad essa. Cinque hanno dimensioni paragonabili alla Terra. La notizia ha acceso la fantasia della gente, che pensa ad altri mondi abitati, come quelli dei racconti di fantascienza e ipotizza il contatto con altre civiltà.
La scoperta, annunciata dall’ultimo numero della rivista “Nature”, è stata fatta dalla sonda della Nasa Kepler. Lanciata nel febbraio di due anni fa, ha il compito di scoprire tutti i pianeti, potenzialmente abitabili, attorno a 150 mila stelle selezionate della nostra galassia, distanti fino a tremila anni luce. Kepler è un vero e proprio osservatorio: è alta cinque metri e contiene un telescopio di circa un metro di diametro.
È capace di convogliare la luce proveniente dal cosmo su un sensore con 95 milioni di pixel, che riesce a rilevare la diminuzione di luminosità della stella, davanti a cui avviene il transito di un pianeta, da 10 a 40 parti su un milione. Praticamente individua la mini-eclisse che un pianeta provoca quando passa davanti alla sua stella. Gli strumenti di Kepler osservano ininterrottamente un’area di cielo approssimativamente quadrata tra le costellazioni del Cigno e della Lira, pari a circa quattro lune piene, misurando la luminosità delle 150 mila stelle ogni mezz’ora per i quattro anni di vita operativa programmata.
Il vantaggio dell’individuazione col metodo dei transiti è che consente la determinazione del raggio e del periodo orbitale del pianeta osservato. Invece il metodo della perturbazione della velocità radiale utilizzato con i telescopi da Terra, che aveva permesso di individuare quattro volte più pianeti di tutti gli altri metodi precedenti, fornisce solo il valore minimo che potrebbe avere la massa, ma non dice nulla della composizione e delle dimensioni del pianeta stesso. Per il pianeta individuato nel transito, la cui orbita può essere solo vista di taglio, invece l’oscillazione della velocità radiale della stella fornisce la massa effettiva del pianeta e non solo la minima, inoltre l’entità del calo di luminosità permette di determinare il diametro del pianeta e quindi anche la densità. Da quest’ultimo dato si può dedurre se il pianeta sia roccioso o gassoso. Il primo pianeta extrasolare fu scoperto nel 1995 da un gruppo di astronomi svizzeri guidati da Michel Mayor, mettendo a punto una tecnica con osservazioni da Terra. Oggi sono ormai 510 i pianeti già scoperti che orbitano attorno ad altre stelle, almeno 300 sono stati scovati da Kepler. Tuttavia i casi di sistemi multipli di pianeti, confermati, sono pochissimi e nessuno è stato determinato con il livello di sicurezza e accuratezza di quest’ultimo studio.
A esaminare per alcuni mesi, con misure delicatissime, i dati presi dalla sonda, è stato un gruppo di astrofisici guidati da Jack Lissauer della Nasa. Questo studio diventa tremendamente complicato nella pratica perché i segnali sono debolissimi, la diminuzione di luminosità della stella madre è dell’ordine di un decimillesimo e, soprattutto, può essere dovuta ad altri motivi, come al fatto che la stella varia la sua luminosità perché pulsa con regolarità o perché fa parte di un sistema di due o più stelle che ruotano l’una attorno all’altra, eclissandosi. Gli scienziati, quindi, hanno dovuto escludere tutte le altre cause di perturbazione della luminosità per arrivare ad affermare: si tratta di un pianeta che orbita attorno alla stella. E la cosa è stata ancora più complessa nel caso di sei pianeti.
Che tipo di sistema planetario è quello di Kepler 11? I sei pianeti appaiono tutti molto vicini alla stella madre. Il più distante sta a 70 milioni di chilometri: la metà della distanza della Terra dal Sole. I cinque pianeti più vicini alla stella sono relativamente piccoli rispetto a quelli extrasolari già individuati: hanno una massa che va da 2,3 a 13,5 volte quella terrestre. Il sesto invece è più distante dalla stella e probabilmente ha massa molto maggiore, un centinaio di volte quella della Terra.
I primi cinque ruotano molto vicino alla stella con un periodo piuttosto corto, da 10 a 50 giorni, (per confronto Mercurio, il più interno dei pianeti del sistema solare, impiega 88 giorni a completare un’orbita), il sesto invece in 118. I primi due sono probabilmente rocciosi, mentre gli altri hanno quasi certamente un cuore di ghiaccio e un inviluppo gassoso esteso, come Saturno o Urano per esempio, anche se sono molto più piccoli. Il tutto porta a considerare che il sistema sia stabile e molto avanti nella sua evoluzione. C’è allora possibilità di trovare la vita sui pianeti di Kepler 11? La risposta è no, perché si presume che la loro temperatura sia attorno ai 500?C. Hanno, inoltre, un asse di rotazione molto inclinato, e ciò significa che avrebbero stagioni molto strane, ma soprattutto sono tutti al di fuori della zona in cui è possibile trovare acqua liquida.
Quanto impiegheremmo a raggiungere i sei pianeti di Kepler 11? Alla velocità dei nostri veicoli spaziali oltre cento milioni di anni. Se anche lassù ci fosse qualche forma di vita aliena, la possibilità di contatto è per ora al di fuori della nostra portata.
Finora i numerosi pianeti extrasolari identificati dalla missione Kepler e da altri telescopi erano quasi tutti giganti gassosi: 320 sono di massa enorme, altri 115 sono corpi paragonabili a Giove e inadatti alla vita. L’attenzione si è concentrata sugli altri 75. Hanno masse maggiori della Terra, sono troppo caldi e spesso sono privi di atmosfera. Solo poche settimane fa la sonda Kepler ha scoperto un pianeta roccioso con un raggio una volta e mezzo quello della Terra, ma è tanto vicino al suo sole da essere probabilmente incandescente. Il fatto comunque di aver trovato un sistema solare un po’ simile al nostro, ci fa ben sperare nella possibilità di identificare prima o poi un pianeta gemello della Terra.
Solo una cinquantina di anni fa gli astronomi erano molto scettici sull’esistenza di altri sistemi solari e comunque sul fatto che sarebbero mai riusciti a osservarli. Ora, invece, prevedono che fra una decina di anni conosceremo decine di migliaia di esopianeti. La ricerca del pianeta gemello della Terra si sta facendo straordinariamente affascinante.
© L’Osservatore Romano
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