da L’Osservatore Romano, 21 ottobre 2010
La salvezza delle anime e quella del pianeta Al patriarca di Costantinopoli il Juliet Hollister Award del Temple of Understanding
Il patriarca ecumenico di Costantinopoli ha ricevuto il 19 ottobre a New York il Juliet Hollister Award, riconoscimento dell’organizzazione per il dialogo tra le religioni Temple of Understanding. Pubblichiamo, in una nostra traduzione, l’intervento che nell’occasione il patriarca Bartolomeo ha scritto per l’edizione in rete della Cnn. Nell’ottobre dello scorso anno il Patriarcato ecumenico ha promosso un simposio internazionale, interdisciplinare e interreligioso a New Orleans sul fiume Mississippi. Si è trattato dell’ottava conferenza sull’analisi dell’impatto ambientale del moderno stile di vita e del consumo delle risorse idriche nel pianeta. Simposi simili si sono svolti in precedenza sull’Egeo e sul Mar Nero, sull’Adriatico e sul Mar Baltico, lungo i fiumi Danubio e Rio delle Amazzoni e sull’Artico.
A prima vista, può sembrare strano per un’istituzione religiosa che ha a che fare con il “sacro” impegnarsi tanto profondamente su questioni “terrene”. Dopo tutto, che cosa ha a che fare la tutela dell’ambiente con la salvezza dell’anima? Si presume che il cambiamento climatico globale e lo sfruttamento delle risorse naturali siano questioni che riguardano politici, scienziati, tecnocrati o al limite gruppi particolari e ambientalisti.
Quindi, la preoccupazione della Chiesa ortodossa e, in particolare, della sua autorità spirituale suprema, il Patriarcato ecumenico, per la crisi ambientale sorprenderà molti. Tuttavia, la creazione non si può guardare in due modi. Non può esserci una doppia visione del mondo, una religiosa e una profana, una spirituale e una secolare. Nella nostra visione e nella nostra concezione del mondo non c’è distinzione fra sollecitudine per il benessere umano e tutela ambientale.
La natura è un libro aperto affinché tutti lo leggano e imparino, lo celebrino e lo godano. Narra un’unica storia. Rivela un mistero profondo. Riguarda un equilibrio e un’armonia straordinari tra elementi che sono interdipendenti e complementari. Il modo in cui ci relazioniamo alla natura quale creazione riflette direttamente il modo in cui ci relazioniamo con il Dio creatore. La sensibilità con cui trattiamo l’ambiente naturale rispecchia chiaramente la sacralità che riserviamo al divino. Dobbiamo trattare la natura con la stessa riverenza e la stessa meraviglia che riserviamo agli esseri umani. E questa intuizione non serve a credere in Dio o a provare la sua esistenza. Ci serve per respirare, per esistere.
Non è in gioco soltanto la nostra capacità di vivere in modo sostenibile, ma la nostra stessa sopravvivenza. Gli scienziati ritengono che nei prossimi anni le persone più colpite dal surriscaldamento globale saranno quelle che meno se lo possono permettere. Quindi, il problema ecologico dell’inquinamento è legato invariabilmente al problema sociale della povertà e quindi tutta l’attività ecologica si misura definitivamente e si giudica correttamente dall’impatto che ha sulle persone e in particolare sui poveri.
Nei nostri sforzi per limitare il surriscaldamento mondiale, stiamo prendendo solo ora in considerazione quanto siamo disposti a rinunciare dei nostri stili di vita improntati all’avidità. Quando impareremo a dire: “È abbastanza!”? Quando smetteremo di pensare a quello che vogliamo noi e cominceremo a chiederci di cosa ha bisogno il mondo? Quando capiremo quanto è importante lasciare un’impronta il più leggera possibile su questo pianeta per il bene delle future generazioni? Dobbiamo scegliere di avere cura del pianeta, altrimenti è come non avere cura di nulla.
È un compito che spetta a tutti noi. Infatti, l’ambiente naturale ci unisce in modi che vanno al di là delle differenze dottrinali. Ci possono essere diversità sulla concezione dell’origine del pianeta, se sia biblica o scientifica. Tuttavia, concordiamo tutti sulla necessità di tutelare le sue risorse naturali che non sono né illimitate né negoziabili. Non è troppo tardi per rispondere, come singole persone e a livello planetario. Potremmo condurre la Terra verso il futuro dei nostri figli. Tuttavia, non possiamo più permetterci di aspettare. Non possiamo più permetterci di non agire. I credenti devono assumersi la guida di questa impresa. Gli abitanti del mondo devono esprimere con chiarezza la propria opinione e i responsabili politici devono agire di conseguenza. Le scadenze non possono più essere rinviate. L’indecisione e l’immobilismo non sono strade percorribili.
Siamo ottimisti sulla possibilità di un’inversione di rotta, perché lo siamo delle potenzialità dell’umanità. Non rispondiamo soltanto in via teorica, rispondiamo concretamente. Ascoltiamoci, lavoriamo insieme, offriamo alla Terra l’opportunità di guarire cosicché continui a nutrirci. © L’Osservatore Romano
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