da L’Osservatore Romano, 8 aprile 2010
Dal tunnel dell’acceleratore uscirà il futuro della fisica
Ci aspettiamo informazioni importanti che ci aiutino a comprendere meglio la struttura dell’universo
A colloquio con Nicola Cabibbo sugli esperimenti in corso al Cern di Ginevra
di Maria Maggi
Da pochi giorni è entrato in funzione al Cern di Ginevra il più grande acceleratore di particelle del mondo: il Large Hadron Collider (Lhc). Gli scienziati che partecipano al progetto (6.000 di 37 Paesi del mondo) si aspettano moltissimo dagli esperimenti che verranno effettuati, perché potrebbero rivoluzionare le teorie attuali.
Ne abbiamo parlato con Nicola Cabibbo, professore di Fisica delle Particelle alla Sapienza e presidente della Pontifica Accademia delle Scienze. Nicola Cabibbo, che è stato anche presidente dell’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare) e dell’Enea (Ente nazionale energie alternative), ha lavorato più volte al Cern ed è particolarmente coinvolto dagli esperimenti che vi si svolgono. È anzi stato ispiratore dell’esperimento di Alice (A large ion collider experiment), uno dei quattro grandi esperimenti che saranno portati avanti con l’Lhc.
Cabibbo ha ottenuto importanti risultati scientifici nel campo della fisica delle particelle studiando l’interazione debole e formulando, nel 1963, la teoria valida per i processi con cambiamento di stranezza, che contiene i cosiddetti “angoli di Cabibbo”. Ha fornito così alcuni fondamentali elementi del Modello standard delle particelle elementari. Nel 1974, insieme a Kobayashi e Maskawa, ha mostrato come nelle interazioni deboli occorrano tre generazioni di quark: questa proposta, basata sulla cosiddetta matrice di ckm, ha portato a prevedere l’esistenza di sei quark rispetto ai quattro allora noti. Di recente i suoi interessi scientifici si sono estesi all’applicazione dei supercomputer a problemi di fisica teorica. Ha diretto la realizzazione della famiglia dei supercalcolatori “paralleli” ape100.
Cos’è il Large Hadron Collider, il superacceleratore di particelle del Cern di Ginevra?
È prima di tutto un bellissimo successo dell’ingegneria. Si tratta della macchina più complessa costruita dall’uomo ed è anche molto grande con i suoi 27 chilometri di tunnel, i suoi 7.000 magneti superconduttori raffreddati a 2 gradi sopra lo zero assoluto e i 4 enormi rivelatori. Ora, in partenza funziona solo a metà dell’energia disponibile, che è comunque tre volte e mezza superiore a quella dell’attuale primatista, il collisore Tevatron del Fermi National Accelerator Laboratory di Batavia, negli Stati Uniti. Con essa si aprirà un nuovo campo di indagine nella fisica delle particelle.
Quanto tempo ci vorrà per i primi risultati?
Nella ricerca della fisica delle particelle i risultati sono di tipo statistico. In ogni collisione dei fasci di protoni si producono centinaia di particelle e avvengono decine di milioni di collisioni al secondo. Solo studiando, con l’aiuto dei computer, questi innumerevoli eventi, selezionando i più promettenti e analizzandoli ci si potrà fare un quadro dei fenomeni sottostanti. La macchina funzionerà ininterrottamente per circa due anni. Ci vogliono tempi lunghi per portarla a regime. Quindi probabilmente i risultati non ci saranno prima di uno o due anni.
Cosa si studia con i rivelatori Atlas e Cms?
A questi due esperimenti lavorano migliaia di fisici. Ho appena ricevuto i primi risultati di esperimenti fatti su Atlas. A novembre, infatti, l’acceleratore era già entrato in funzione in modo ridotto – circolavano protoni con una energia di 1,13 Tev, minore dei 7 Tev attuali, ma comunque superiore a quella del Tevatron – soprattutto per testare le varie caratteristiche della macchina. Non ci si aspettava di trovare granché, ma è stato messo alla prova il funzionamento di tutto il sistema. Sono state già prodotte pagine e pagine su queste prime prove. Quando funzionerà a pieno regime si troveranno nuove particelle di massa fino a 500 volte quella del protone. La prima preda che ci si aspetta è il bosone di Higgs. Se esiste si sa che ha una massa superiore a 114 Gev, impossibile da osservare con il Lep, la macchina acceleratrice del Cern precedente l’Lhc. Una delle ragioni che hanno portato alla costruzione dell’Lhc, con il conseguente smantellamento del Lep che correva nello stesso tunnel, è stata proprio quella di trovare il bosone di Higgs. All’interno del cosiddetto modello standard il bosone di Higgs ha un ruolo centrale, quello di dare massa alle particelle elementari.
Cambierà la fisica delle particelle con l’entrata in funzione dell’Lhc?
Il modello standard non è completo e presenta delle “crepe”. I fisici si aspettano di scoprire una regione di nuove particelle, anche con molte sorprese. Uno dei campi più interessanti è quello riguardante la struttura dell’universo. Negli ultimi anni si è trovato che la materia ordinaria, di cui sono fatte le stelle e i pianeti, è solo il quattro per cento. Poi esiste un ventisei per cento di materia oscura, mai osservata, e un settanta per cento di energia oscura. Già Einstein aveva prospettato quest’ultima quando aveva introdotto la costante cosmologica per spiegare la stabilità dell’universo, che altrimenti sarebbe collassato per la sua stessa gravità. Poi Einstein aveva rigettato l’idea della costante cosmologica, quando Hubble scoprì l’espansione dell’universo. Ora invece ritorna fuori come energia oscura, che contribuisce ad accelerare l’espansione dell’universo. Di questa espansione a velocità crescente si è venuti a conoscenza con le osservazioni astronomiche degli ultimi anni. L’esistenza della materia oscura, invece, è nota già da tempo, anche se non è mai stata osservata nessuna particella che la compone. Si pensa che sia fatta da particelle che gravitano attorno e dentro le galassie e gli ammassi e di cui si ha testimonianza dal punto di vista gravitazionale.
Si potrà con l’Lhc scoprire qualcosa sulla materia oscura?
Certamente. La materia oscura è formata da particelle, che potrebbero essere prodotte dall’Lhc. Si sa che queste particelle sono molto stabili (hanno almeno l’età dell’universo), sono neutre, interagiscono pochissimo con la materia ordinaria e si presume che siano più pesanti dei neutrini, perché hanno caratteristiche diverse soprattutto per il ruolo avuto nella formazione delle galassie.
Quali nuove particelle saranno scoperte?
Potrebbero esistere nuove particelle nella zona di energia scrutata con l’Lhc. Ci sono varie ipotesi. Una di queste è la verifica della supersimmetria, la teoria che prevede che ogni specie di particella sia accoppiata a un superpartner. Uno dei pionieri di questo studio è stato Bruno Zunino. Con l’Lhc si potrebbero scovare alcune delle particelle previste dalla supersimmetria, come il neutralino, che a sua volta è una delle particelle ipotizzate tra i componenti della materia oscura. Inoltre i fisici prospettano teorie ancora più ardite, tra cui quella delle stringhe, per poter arrivare all’unificazione di tutte le forze in natura, inglobando anche la gravità. Il passo necessario per poter arrivare all’unificazione passa proprio dalla supersimmetria.
Si fanno, quindi, tante ipotesi sul comportamento della Natura, ma non sempre ciò che si trova è quello che si prevede.
Il bello della ricerca è proprio questo: ci sono sorprese. E l’Lhc ce ne farà di sicuro. Con l’esperimento Lhc-b si riprenderà lo studio sul mesone b (formato da quark e antiquark bottom) cercando proprio questi quark per capire a cosa è dovuta la misteriosa asimmetria tra materia e antimateria nell’universo. Infine con l’esperimento Alice si studieranno le collisioni tra ioni di uranio e anche tra ioni di piombo, che produrranno sfere di fuoco primordiali chiamate plasmi di quark e gluoni. Questo studio si basa su una proposta fatta da me e da Giorgio Parisi per esaminare questo stato della materia, prodottosi poco dopo il Big Bang, in cui i quark si muovevano liberi e non vincolati in particelle come protoni, neutroni e mesoni. In questa prima fase di esperimenti, però, Alice non è competitivo con gli altri rivelatori perché nell’acceleratore corrono fasci di protoni. Ma non si sa mai cosa potrebbe osservare.
Cambierà la fisica delle particelle?
Il quadro che si apre potrà essere molto emozionante. Gli scienziati si aspettano che ciò che potrà uscire dagli esperimenti condizionerà il futuro della fisica delle particelle e anche i futuri passi di ricerca per alcune decine d’anni. I primi lavori su Lhc risalgono agli anni Ottanta, quando fu progettato dal Cern il Lep, già si pensava alla modifica successiva nell’Lhc. Gli americani volevano fare concorrenza progettando un gigantesco acceleratore, il Superconducting Super Collider (Ssc). Dovettero però desistere per l’incremento enorme dei costi e di esso è restato solo il più costoso buco per terra del mondo, da qualche parte nel Texas. Anche l’Lhc è stato molto costoso, ma questo progetto europeo è stato supportato anche da americani, russi, giapponesi e da altri Paesi del mondo che hanno concentrato gli sforzi scientifici ed economici su di esso. Gli italiani, in particolare, hanno dato un contributo notevole, tanto che ora tre dei quattro esperimenti sono guidati da fisici italiani, tra cui la scienziata Fabiola Gianotti, direttore di Atlas. È bellissimo vedere fisici di tutto il mondo attratti da questo progetto, che, non solo si trovano a Ginevra, ma anche lavorano nelle loro università uniti da una rete informatica. Le analisi dei dati raccolti sfrutteranno, infatti, un grid network formato da decine di migliaia di personal computer situati in istituti di tutto il mondo. Ciascun computer di questa gigantesca rete è connesso a un nodo centrale formato da una decina di grandi centri di ricerca in tre continenti che a loro volta sono collegati al Cern con cavi di fibra ottica.
Si pensa già a un successore dell’Lhc?
La generazione successiva di acceleratori a cui gli scienziati stanno pensando è l’Ilc (International Linear Collider). Si tratta di due acceleratori lineari, lunghi ciascuno circa 11 chilometri, che sfrutteranno intensi campi elettrici per scagliare elettroni e positroni gli uni contro gli altri. Questa macchina, però, avrà un senso solo per perfezionare le possibili scoperte di Lhc. Ora si stanno facendo solo studi preliminari. Il tutto riguarderà la fisica dei prossimi cinquant’anni, se l’umanità avrà ancora voglia e curiosità di indagare in profondità su come è fatto il mondo e sull’evoluzione dell’universo.
© L’Osservatore Romano
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