da La Stampa-Tuttoscienze, 28 aprile 2010
E’ su Titano il clone dei nostri primordi
Le ultime scoperte della missione Cassini-Huygens
di Carlo Ferri, Institut de Ciences de l’Espai – Barcellona
L’occasione è stato il quinto anniversario dell’arrivo della missione «Cassini-Huygens» su Titano, la più grande delle lune di Saturno: a Barcellona si è svolto il congresso «Cassini-Huygens Project: Huygens Legacy and Future Titan Exploration» con l’obiettivo di celebrare una serie di scoperte – frutto della collaborazione tra l’Asi, l’Esa e la Nasa – ma anche di definire la tabella di marcia per le future esplorazioni di questa straordinaria luna.
La scelta di Barcellona non è stata casuale. Utilizzando un telescopio da 30 centimetri di diametro dell’osservatorio più antico della città, l’«Observatori Fabra», l’astronomo Josep Comas i Solà individuò già nel 1907 la presenza di un’atmosfera attorno a Titano. E quasi un secolo più tardi dalla scoperta di questo Galileo catalano, il 14 gennaio 2005, la nave spaziale «Cassini» lasciava cadere la sonda «Huygens» attraverso i 600 chilometri di atmosfera del satellite di Saturno.
L’analisi dei dati durante la discesa ha fornito molti dettagli su come doveva essere l’«aria» terrestre 3500 milioni di anni fa, epoca in cui si formarono i primi microrganismi unicellulari.
Nonostante sia un mondo molto più freddo (-179°C), per la maggiore distanza dal Sole, la sua abbondanza di azoto molecolare (sebbene non ci sia ossigeno) fa di Titano proprio una sorta di versione primordiale della Terra.
«Crediamo che sia il corpo celeste del Sistema solare più simile al nostro pianeta – dice Jean-Pierre Lebreton, responsabile scientifico di “Cassini-Huygens” presso l’Esa – e speriamo, quindi, che ci aiuterà a capire l’origine della vita». In epoche remote, infatti, gli esseri unicellulari furono in grado di utilizzare la luce solare come fonte di energia (creando la fotosintesi clorofilliana) e la CO2 per sostenere il loro metabolismo.
Il sottoprodotto di questa attività generò l’ossigeno che da allora si è accumulato nel nostro pianeta. Secondo Ralph Lorenz, ricercatore del «Gruppo di esplorazione planetaria» presso l’Università Johns Hopkins, «studiare Titano è come tornare indietro nel tempo. Oltre a fare chiarezza sulla complessità dei processi chimici che caratterizzarono l’ambiente terrestre nel passato, le osservazioni ci aiuteranno a capire i cambiamenti ambientali che permisero la nascita della vita».
Le ricerche realizzate fino a oggi dalla sonda «Huygens» su Titano hanno evidenziato l’esistenza di piogge di metano e di altri idrocarburi, mentre l’astronave «Cassini» ha fotografato dall’alto un lago composto da etano e metano liquidi. Sono dati che suggeriscono l’esistenza di un ciclo del metano, un processo analogo a quello dell’acqua sul nostro pianeta. I dati hanno anche svelato che questo gemello della Terra potrebbe nascondere sotto la sua crosta planetaria un oceano interno di acqua allo stato liquido mista ad ammoniaca.
E’ una realtà che aprirebbe nuovi scenari sull’esistenza di un tipo di vita simile a quello di alcune colonie di batteri terrestri che si trovano negli abissi marini. A causa dell’assenza di luce nel fondo degli oceani, questi microrganismi realizzano la chemiosintesi invece della fotosintesi, procurandosi l’energia a partire dei composti inorganici come l’ammoniaca. Gli studiosi non escludono che creature di questo tipo possano vivere anche su altri mondi e, in particolare, proprio nell’oceano nascosto di Titano.
«E’ per questo che sono state redatte regole rigide, che ci obbligano a inviare nello spazio sonde e robot perfettamente sterilizzati in modo da evitare che microrganismi terrestri arrivino in realtà “aliene” e modifichino il loro ambiente – puntualizza il planetologo Enrico Flamini dell’Asi -.
E, infatti, da un punto di vista etico non possiamo pensare di alterare un habitat extraterrestre, dove qualsiasi forma di vita potrebbe aver già creato un ecosistema tutto suo».
da La Stampa-Tuttoscienze, 28 aprile 2010
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