da L’Osservatore Romano, 12 maggio 2010
La primavera di Gerusalemme
Se la botanica studia la Sindone
di Tania Mann
Oltre un milione e settecentomila pellegrini hanno già prenotato la visita all’ostensione pubblica della sacra Sindone. E mentre la fede induce a pregare di fronte a quel “misterioso volto che silenziosamente parla al cuore degli uomini invitandoli a riconoscervi il volto di Dio” (Benedetto XVI, 2 giugno 2008), scienziati e studiosi continuano a interrogarsi sulla sua storia. Sebbene molti abbiano messo in dubbio le origini dell’antico telo, il piccolo libro di un illustre botanico oggi fornisce a tale riguardo indizi concreti.
In sole cento pagine illustrate, Avinoam Danin, professore emerito del Dipartimento di Evoluzione sistematica ed ecologia della Università Ebraica di Gerusalemme affronta il compito ambizioso di rispondere a ogni domanda che si è posto in quattordici anni di ricerca sulla Sindone. Il libro Botany of the Shroud: The Story of Floral Images on the Shroud of Turin (Gerusalemme, Danin Publishing, 2010, pagine 104, dollari 25) descrive con chiarezza gli elementi dai quali deriva un insieme di importanti conclusioni.
Come spiega Danin, quanto è avvenuto sulla Sindone somiglia al processo dell’essiccamento dei fiori fra le pagine di un libro. Centinaia di immagini di piante sono rimaste impresse sul tessuto. Queste immagini, quindi, contribuiscono a determinare dove e quando quei fiori sono stati posti sul lenzuolo. Sono decifrabili anche le immagini di nove spine, per la maggior parte intorno al capo e alle spalle, di una canna posta lungo il corpo dell’Uomo della Sindone, e di circa 2.600 frutti sparsi su tutto il corpo. Sono inoltre visibili immagini parziali di una corda.
Danin cominciò a fare ricerche sulla Sindone nel 1995, quando vide alcune sue fotografie ingrandite. Riconobbe subito, al primo sguardo, immagini di piante dell’area di Gerusalemme. La lista dei successi di questo studioso, ampiamente pubblicati nel campo della botanica, specie a proposito di piante del Medio Oriente, è molto lunga. Basti dire che nei suoi quarantaquattro anni di carriera ha scoperto specie di piante mai rinvenute prima in Israele, sul Sinai e in Giordania e che la sua opera ha permesso la creazione di un database da cui si è potuta ricavare una mappa fitogeografica di Israele.
La prima conclusione che Danin ha tratto dalla sua ricerca botanica è che, apparendo negli stessi punti le immagini delle piante, sia sulle fotografie ricavate da differenti tecniche fotografiche, sia sul lino della Sindone, esse devono necessariamente essere vere e non sono state create artificiosamente dall’uno o dall’altro metodo fotografico. Fra le centinaia di immagini di fiori, Danin ha scelto per la propria ricerca quelle più utili come indicatori geografici nonché quelle di piante dai periodi di fioritura più specifici. Ha così concluso che “l’area in cui le tre piante fresche scelte come indicatori avrebbero potuto essere raccolte e poste sulla Sindone accanto al corpo dell’uomo crocifisso è quella compresa fra Gerusalemme e Hebron”. Quanto ai periodi di fioritura, egli osserva che “marzo e aprile sono i mesi dell’anno in cui fioriscono dieci delle piante identificate sulla sindone”.
A proposito delle spine, Danin presume che appartengano alle piante Ziziphus spina-christi e Rhamnus lycioides, che sono “importanti indicatori storici”. Entrambe sono considerate fra le piante “più feroci” in Israele e le spine della seconda furono “utilizzate dagli agricoltori arabi come lame per l’aratro”.
Le immagini della corda sulla Sindone mostrano che le funi erano fatte di fibre vegetali secondo un antico metodo utilizzato per migliaia di anni a Gerusalemme. Si ritiene che questa corda sia stata quella con cui l’Uomo della Sindone venne legato sulla croce. La sindonologia, ovvero lo studio della sindone, ha sempre affascinato da un punto di vista botanico Danin, che afferma di non essere minimamente interessato a un suo eventuale significato religioso.
Riferendo la conversazione avuta nel 2000 con l’allora nunzio apostolico di Gerusalemme, Danin scrive: “Gli dimostrai il mio entusiasmo per aver visto sulla sindone le immagini delle piante che avevo visto anche sulle fotografie. Gli dissi che non provavo alcuna emozione particolare verso quell’oggetto venerato da milioni di persone(…) e nel dire questo mi sentii quasi in dovere di giustificarmi. Mi rispose di proseguire le mie ricerche perché se non fossi stato ebreo, ma cristiano, pochi mi avrebbero creduto”.
Da allora, gli anni di ricerca di Danin come sindonologo lo hanno portato a concludere che il lenzuolo per la sepoltura esisteva già nell’viii secolo e anche che “la grande somiglianza del volto dell’Uomo della Sindone con un’icona del Pantocrator nel monastero di Santa Caterina, sul Sinai” rivela la conoscenza della Sindone già intorno al 550.
Quella che il botanico definisce “era olografica” della sindonologia cominciò nel 2007 e implicò la collaborazione del dottor Petrus Soons, creatore, insieme con i suoi collaboratori del Dutch Holographic Laboratory, a Eindhoven, di ologrammi tridimensionali della sindone. Durante quel periodo Danin poté osservare “un tappeto quasi omogeneo” di più di trecento corolle di fiori poste ordinatamente intorno al capo dell’Uomo della Sindone.
Un’altra scoperta, scaturita dalla collaborazione con Soons, è la presenza di un elmetto di spine, quindi non di una corona, utilizzato per torturare l’uomo. Soons ha spiegato che “quando ha creato ologrammi a grandezza naturale e li ha esposti presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, a Roma, hanno dovuto prendere una scala per vedere la sommità del capo. Questa parte del corpo dell’Uomo della Sindone prima non era mai stata vista da nessuno”. Lì Soons osservò tante piccole ferite che avevano sanguinato e che sulla fronte non erano visibili.
Il valore di queste conclusioni è di fatto immenso. Ognuna di queste osservazioni scientifiche ricorda una sofferenza analoga a quella di Cristo: alla sua passione e alla sua crocifissione così come sono state commemorate nei giorni di Pasqua dalla Chiesa in tutto il mondo. La ricerca di Danin, accompagnata da quella di altri sindonologi, può dunque contribuire a rivelare solo una realtà fisica mentre il credente è spinto a meditare su una verità trascendente: la morte e la resurrezione di Cristo. Con le parole di Papa Giovanni Paolo ii: “La Sindone ci presenta Gesù al momento della sua massima impotenza, e ci ricorda che nell’annullamento di quella morte sta la salvezza del mondo intero” (cfr. Discorso in occasione della visita pastorale a Vercelli e a Torino, 24 maggio 1998). Infatti quando i cristiani parlano della Sindone, parlano del lenzuolo autentico in cui fu avvolto l’unico essere umano che abbia mai spezzato le catene della morte. È un reperto concreto del suo straordinario stato temporaneo di morte – “il mistero del Sabato Santo”, ha detto Benedetto XVI nella sua visita del 2 maggio. Così “La Sindone – proseguiva Papa Wojtyla – diventa un invito a vivere ogni esperienza, compresa quella della sofferenza e della suprema impotenza, nell’atteggiamento di chi crede che l’amore misericordioso di Dio vince ogni povertà, ogni condizionamento, ogni tentazione di disperazione”.
© L’Osservatore Romano
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