da L’Osservatore Romano, 6 giugno 2010
La ragione e il bene comune
Da Cipro il Papa lancia alla comunità internazionale un nuovo e forte appello alla ragione. Con uno scopo che può essere compreso e accettato da tutti, al di là di ogni divisione: servire il bene comune. E questo in un Paese diviso innaturalmente e sulle soglie di una regione – il Vicino e il Medio Oriente – segnata da conflitti che sembrano non avere fine e costituiscono un pericolo permanente per la pace mondiale. Con la conseguenza gravissima di allargare l’abisso dell’odio e di mettere a rischio l’esistenza stessa di antichissime Chiese cristiane, proprio là dove il cristianesimo è nato e si è sviluppato nei primi secoli.
Non si deve scambiare il pacato ragionare di Benedetto XVI per un esercizio teorico e sterile di raffinata intellettualità. Al contrario, si tratta di parole che risuonano con immediata concretezza nel drammatico scenario della Terra santa – e Cipro vi appartiene da sempre – e dell’intero Medio Oriente. Parole basate su principi di cui erano convinti già Platone, Aristotele e gli stoici, ripresi nel medioevo da filosofi islamici e cristiani, come ha voluto ricordare il Papa con una sottolineatura carica di significato e di implicazioni esigenti per una contemporaneità che spesso non riconosce più la tradizione culturale su cui pure è fondata.
Dopo i discorsi pronunciati nel 2006 all’università di Ratisbona e nel 2008 a New York davanti alle Nazioni Unite, questo di Nicosia ai politici e diplomatici può essere considerato la terza grande variazione di Benedetto XVI sul tema della ragione, che deve governare i comportamenti di ogni persona. Ma, in concreto, come è possibile servire il bene comune dell’unica famiglia umana e purificare la politica dagli interessi di parte? Tre sono le vie indicate dal Papa nella città che il presidente cipriota Dimitris Christofias ha definito l’ultima capitale europea ancora divisa: agire sulla base della conoscenza dei fatti reali, destrutturare le nefaste ideologie politiche che hanno disseminato di tragedie il Novecento, fondarsi sui principi etici della legge naturale.
L’appello alla fiducia e alla convivenza è risuonato nell’incontro con la comunità cattolica nella scuola maronita, una gioiosa festa inondata dal sole e scandita da preghiere, canti struggenti, musiche (anche di Mikis Theodorakis) e danze coloratissime di bambini. In una celebrazione della memoria che ha reso percepibile, con efficacia toccante, l’anima di un popolo allontanato dai suoi villaggi, i cui nomi sono stati ricordati da Benedetto XVI. Proprio il sostegno a queste piccole comunità è il motivo primo della visita del Papa che, parlando ai cattolici ciprioti, si è di fatto rivolto a quelli in tutto il Medio Oriente per esortarli a ricercare l’unità nella carità con gli altri cristiani e al dialogo con gli appartenenti alle altre religioni per creare fiducia.
Dunque non a caso gli stessi accenti sono ritornati nell’incontro con l’arcivescovo Crisostomo II, che oggi guida una delle Chiese ortodosse più antiche e autorevoli. Questa Chiesa, talmente legata alle sorti del popolo di Cipro che nel 1960, ottenuta l’indipendenza, il suo capo religioso – Macario III, alla cui memoria il Papa ha reso omaggio – ne divenne anche il primo presidente, si è impegnata con decisione nel dialogo ecumenico. In questo le è vicina quella sorella di Roma, per contribuire alla costruzione di una società che rispetti ogni diritto, inclusi quelli alla libertà di coscienza e di culto. Come ha mostrato a tutti l’abbraccio di Benedetto XVI e Crisostomo II, che ha ricordato quello a Gerusalemme tra Atenagora e Paolo VI.
g. m. v.
© L’Osservatore Romano
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