da L’Osservatore Romano – 15-16 marzo 2010
Dio non può essere solo una spiegazione
La nuova cosmologia e la ricerca di una struttura matematica ideale
di George V. Coyne
Pubblichiamo ampi stralci del capitolo scritto dal gesuita presidente del Vatican Observatory Foundation contenuto nel volume Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto (Siena, Cantagalli, 2010, pagine 236, euro 15,50) che raccoglie le relazioni del convegno organizzato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana tenuto lo scorso dicembre.
L’evoluzione è una caratteristica intrinseca all’universo dalla quale non si può prescindere quando si voglia dare una spiegazione sia del suo insieme, sia delle sue parti. Tenendo conto dell’età dell’universo, la comparsa della vita è un fatto relativamente recente. Non c’è dubbio che in questi ultimi tempi sia molto cresciuto l’interesse per la vita extraterrestre. Tuttavia ciò che veramente deve sorprenderci non è tanto scoprire che la vita si trovi nell’universo anche fuori della Terra, ma piuttosto che semplicemente nell’universo esista la vita. Il fatto è che ci vollero dodici miliardi di anni prima che, con l’evoluzione dell’universo in espansione, si realizzassero le condizioni necessarie affinché la vita potesse iniziare a esistere; condizioni che, in questa lunga evoluzione, non poterono attuarsi senza il continuo concorso di circostanze fisiche particolari ritenute indispensabili per l’esistenza stessa della vita. Davanti a questo fatto si può ragionare in due modi: la vita non ha altro significato che quello di essere lo stadio finale del lungo processo di evoluzione dell’universo; oppure, è il culmine dello svolgersi estremamente lungo e delicato di un programma rappresentato dalle leggi fisiche insite nell’universo.
Oggi si ritiene che la vita sia comparsa, nelle sue prime forme microscopiche, poco più di tre miliardi di anni fa; cioè circa tredici miliardi di anni dopo il Big Bang Perché essa ha impiegato tanto tempo ad apparire? Si ritiene che per produrre le quantità di elementi chimici indispensabili alla vita siano state necessarie tre generazioni di stelle. Infatti gli elementi pesanti si creano per nucleosintesi solo all’interno delle stelle e solo quando le stelle muoiono essi vengono diffusi nello spazio per dare origine a una nuova generazione di stelle. La durata della vita di una stella dipende dalla sua massa e può variare da parecchi milioni di anni per stelle di grande massa, a diversi miliardi di anni per stelle di piccola massa. È comunque certo che sono stati necessari circa dieci miliardi di anni di evoluzione stellare per produrre idrogeno, azoto, ossigeno, carbonio, e così via. Ripeto che l’universo è per sua natura evolutivo e dovette evolversi fino a diventare grande e vecchio prima che potessimo esistere noi. Sono stato tentato di dire “perché potessimo esistere noi”, ma così avrei introdotto il concetto filosofico di finalità che, come tale, esula dal campo della scienza. Al mio parere ci porterebbe anche a una immagine di Dio creatore non coerente con la nostra conoscenza dell’universo creato.
La comparsa della vita nell’universo pone naturalmente una serie di problemi scientifici ai quali, a mio parere, non è stata ancora data una soluzione adeguata. Tenendo conto che per l’emergenza della vita era necessaria una particolarissima sintonia (fine-tuning) delle costanti e delle leggi fisiche della natura, potremmo chiederci come mai essa sia potuta semplicemente apparire. La vita, infatti, sarebbe stata impossibile anche se una sola di queste costanti avesse avuto un valore differente. Di nuovo per trovare una spiegazione siamo sempre tentati di ricorrere a un’immagine, al mio parere sbagliata, di Dio creatore che per sua libera volontà ha accordato le costanti della natura.
Ma noi ci siamo e la nostra esistenza è intimamente legata alla materia e all’energia dell’universo di cui siamo parte. I nostri atomi si scambiano continuamente con quelli dell’universo, al punto che ogni anno il 98 per cento del nostro corpo si rinnova. Ogni nostro respiro mette in circolo miliardi e miliardi di atomi già riciclati nelle ultime settimane dal respiro di altri viventi. Nulla di ciò che ora forma i miei geni vi esisteva un anno fa. Tutto viene rinnovato, rigenerato ogni momento attingendo a quella fonte di materia e di energia che è l’universo. La mia pelle si rinnova ogni mese e il mio fegato ogni sei settimane. Possiamo dire che, tra tutti gli esseri dell’universo, noi siamo i più riciclati! Qualsiasi immagine di Dio, sorgente universale della vita, deve rispondere a tali fatti scientifici.
Riflettendo ora su quanto è avvenuto nell’universo a partire dal suo inizio, possiamo dire che c’è stata una continua trasformazione di energia in forme sempre più complesse di materia. All’inizio c’era solo energia; poi, in base alla famosa equazione di Einstein, l’energia si è trasformata in materia dando origine a quark, atomi, molecole, galassie, stelle, pianeti, organismi prebiotici, e finalmente l’uomo. Noi siamo il risultato di un processo continuo di trasformazione dell’energia dell’universo in forme sempre più complesse di materia. Da poco abbiamo cominciato a renderci conto che questo processo non avvenne sempre in modo deterministico e ordinato, ma che in ogni fase del suo sviluppo evolutivo ebbero parte anche il caso e l’imprevedibilità.
Quanto detto riporta a una domanda: la vita, a livello dell’intelligenza e dell’autocoscienza rappresenta un fattore importante per l’evoluzione futura dell’universo? È una domanda che forse porterebbe fuori del campo delle scienze della natura. Preferisco tuttavia correre il rischio ricapitolando le domande fatte in un’ultima domanda tendenziosa: esistiamo solo per riciclare l’energia nella forma in cui ci viene fornita dall’universo, oppure siamo esseri speciali, in cui l’universo trova la possibilità di passare dalla materia allo spirito?
È in questo quadro generale dell’universo in evoluzione in cui si colloca la vita, e noi con essa, che vorrei presentare, in corrispondenza di una nuova cosmologia, la proposta di una nuova immagine di Dio creatore. La novità della nuova cosmologia di cui intendo parlare non può essere ben compresa senza fare riferimento alla storia di come essa ha avuto origine. Nei secoli XVI e XVIi era diffusa e persistente l’idea, già condivisa dai pitagorici, che il compito dei fisici fosse di scoprire qualcosa come un grande progetto trascendentale incarnato nell’universo. Si ritiene, infatti, che uno dei fattori essenziali che contribuirono alla nascita della scienza moderna fu la teologia cristiana della creazione e dell’incarnazione. A proposito dell’incarnazione, il concetto del Lògos incarnato di cui parla il prologo del vangelo di Giovanni, si rivelò particolarmente appropriato; esso richiamava in qualche modo i concetti platonici e pitagorici del mondo delle idee eterne e del carattere trascendentale della matematica.
Però, la comparsa, all’inizio di questo secolo, della meccanica quantistica e della teoria della relatività e più recentemente della dinamica dei sistemi non lineari contribuì subito a introdurre concetti scientifici meno trascendentali. Per esempio, gli studi della dinamica dei sistemi non lineari hanno dato origine a due nuovi campi di studio: la teoria del caos e la complessità. L’immensa varietà di forme e strutture esistenti sia nel mondo inorganico che in quello organico mette alla prova qualunque teoria che ponga a fondamento della fisica una serie di leggi deterministiche. Tuttavia, applicando alle leggi della fisica l’analisi matematica dei sistemi non lineari, si ottengono modelli matematici che permettono una conoscenza delle strutture dei cambiamenti: cambiamenti però di cui non è possibile predire il risultato finale, in quanto non si è in grado di prevedere l’effetto prodotto da piccole perturbazioni che si accumulano con leggi non lineari. In definitiva il mondo sensibile ha una ricchezza tale da mettere in crisi l’analisi matematica più sofisticata.
Davanti alla constatazione del fatto che nell’universo esiste la vita, possiamo porci delle domande. Se avessimo conosciuto le condizioni fisiche dell’universo in espansione in un istante molto vicino al Big Bang avremmo potuto predire l’apparizione della vita? Ritengo che chi fa una ricerca onesta risponderebbe che saremmo stati in grado di predire l’emergere e l’esatta natura e l’intensità delle quattro forze fondamentali e la fisica che conosciamo. Ma è vero o no che siamo costretti a dire che la vita è il risultato di tante biforcazioni avvenute in obbedienza a una termodinamica non lineare, tale che noi non saremmo mai stati in grado di prevederla, anche nel caso che avessimo posseduto la conoscenza di tutte le leggi della fisica macroscopica e microscopica? E in tale contesto come dobbiamo immaginare Dio, sorgente universale di tale vita?
Benché l’affermazione possa apparire molto sintetica, penso tuttavia sia corretto dire che, da Platone a Newton, la disputa circa la parte avuta dalla matematica nella comprensione scientifica dell’universo si è svolta tutta in una cornice religiosa. Ancora oggi sentiamo ripetere dagli scienziati il ritornello della scoperta della “mente di Dio”. A noi spetta il compito di fare un serio tentativo, sia di valutare questa lunga storia, sia di dare senso alla sua eco che ancora risuona al giorno d’oggi. Ritengo che nella maggior parte dei casi, con questo termine, si voglia significare la struttura matematica ideale alla quale corrisponde, secondo Platone, il mondo delle ombre nel quale viviamo. La “mente di Dio” sarebbe una teoria unificata che ci permetterebbe di comprendere tutte le leggi fisiche e le condizioni iniziali dell’universo. Si può dire che nel caso di una cosiffatta teoria, avremmo anche una comprensione adeguata della vita?
A mio giudizio il concetto di “mente di Dio” nella nuova cosmologia non implica alcun carattere di intenzionalità. Ma può la vita essere spiegata senza far ricorso alla intenzionalità? Riconosco il carattere piuttosto pretenzioso di queste domande; esse vanno al di là del campo di competenza proprio dello scienziato. Penso però che dobbiamo anche guardarci da una seria tentazione presentata dalla nuova cosmologia. Come già detto, nella cultura della nuova cosmologia Dio viene visto essenzialmente, se non esclusivamente, come una spiegazione e non come una persona. Dio rappresenta la struttura matematica ideale, la teoria del tutto. Secondo questa cultura Dio è Spiegazione. Ma lo studioso teologo sa bene, come sanno tutti i credenti, che Dio è molto più di questo e che la rivelazione nella quale Dio ha rivelato se stesso nel tempo è più che una comunicazione di un’informazione. Anche se scopriremo la “mente di Dio”, non per questo avremo necessariamente trovato Dio. Però, il Dio che si rivelò a noi tramite i nostri antenati, ci sta ancora svelando il grande mistero della sua realtà tramite la nostra conoscenza dell’universo da Lui creato.
© L’Osservatore Romano
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