da L’Osservatore Romano, 10 gennaio 2010
La Sindone dal 1992 a oggi
Le ricerche, l’incendio, il futuro
“La Sindone: provocazione all’intelligenza, specchio del Vangelo” è il tema dell’incontro che si svolgerà lunedì 11 gennaio, nell’Auditorium della chiesa del Santo Volto a Torino, in occasione della presentazione del volume “Sindone” edito dalla Utet. Dal libro, ancora non in distribuzione, anticipiamo ampi stralci di due saggi. Il primo, qui sotto, è stato scritto rispettivamente dal direttore scientifico del Museo della Sindone e dal direttore del Centro internazionale di sindonologia. Il secondo ripercorre la fortuna della Sindone nella storia dell’arte.
di Bruno Barberis e Gian Maria Zaccone
Nel 1992 l’arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone, il cardinale Giovanni Saldarini, nominò una commissione scientifica internazionale composta da alcuni tra i maggiori esperti di tessuti antichi e da eminenti studiosi, con l’incarico di avviare un ampio e articolato piano di studio per affrontare e risolvere il delicato e importante problema della conservazione della Sindone.
I lavori ebbero inizio nel 1992 con un’ostensione privata alla presenza della commissione e si conclusero nel 1996 con la consegna alla Santa Sede, proprietaria della reliquia, di una relazione finale. In tale relazione la commissione di esperti faceva il punto sullo stato di conservazione della Sindone e suggeriva una serie di indicazioni e condizioni irrinunciabili per la sua conservazione ottimale che si possono così riassumere: a) la Sindone deve essere conservata in posizione distesa, piana e orizzontale.
b) La Sindone deve essere liberata dagli accessori che servivano alle vecchie modalità di conservazione e di ostensione, ovvero il cilindro di legno, il telo rosso che la ricopriva quando veniva arrotolata, il nastro di seta azzurra cucito lungo il perimetro e le bandelle d’argento cucite all’interno del nastro azzurro lungo i due lati più corti.
c) La Sindone deve essere conservata in una teca di vetro antiproiettile, a tenuta stagna, in assenza di aria e in presenza di un gas inerte, al fine di interrompere il progressivo ingiallimento del tessuto dovuto al naturale processo di ossidazione e che è responsabile della progressiva riduzione di visibilità dell’immagine. La teca deve essere protetta dalla luce e mantenuta in condizioni climatiche (pressione, temperatura, umidità, e così via) costanti.
d) È necessario studiare a fondo il problema dell’eventuale sostituzione del telo d’Olanda con un nuovo telo e dell’eventuale asportazione o sostituzione dei rattoppi per migliorare le condizioni di conservazione.
Poco mancò che tutti questi studi si rivelassero vani, in quanto il 12 aprile dell’anno successivo un terribile incendio danneggiò seriamente la cappella della Sindone. Fortunatamente il lenzuolo, che era stato spostato nel duomo per permettere i restauri della cappella stessa, fu risparmiato sia dal fuoco, sia dall’acqua, sia dai crolli di materiale.
Le indicazioni suggerite dalla commissione imponevano ovviamente una modalità di conservazione radicalmente diversa da quella utilizzata negli ultimi tre secoli – l’arrotolamento su di un cilindro – e soprattutto la necessità di costruire una teca di dimensioni ben maggiori. L’intera operazione si presentava naturalmente molto complessa e delicata poiché numerose erano le difficoltà da superare tanto in fase progettuale quanto in fase esecutiva. Nonostante le non poche difficoltà incontrate, la costruzione della teca fu completata nei tempi previsti e il 17 aprile 1998 la Sindone venne per la prima volta ospitata nella nuova teca e in essa esposta al pubblico durante l’ostensione tenutasi in quell’anno.
La teca è un parallelepipedo dal peso di 2.500 chilogrammi, le cui superfici laterali e inferiore sono realizzate con un doppio strato di acciaio balistico e la cui superficie superiore è fatta di uno spesso vetro laminato a prova di proiettile. La teca è sorretta da un carrello mobile che consente di effettuare gli spostamenti e le rotazioni necessarie in occasione delle ostensioni. All’interno della teca la Sindone è cucita su di un mollettone non trattato e appoggiata su di un supporto di alluminio scorrevole su rotaia.
Al termine dell’ostensione del 2000 la Sindone fu trasferita dalla teca utilizzata per le ostensioni in una nuova teca, più leggera e maneggevole, destinata alla conservazione ordinaria. All’interno della teca a tenuta stagna è stata introdotta una miscela di argon (99,5 per cento) e di ossigeno (0,5 per cento). La presenza di un gas inerte come l’argon – che non reagisce con i più comuni elementi chimici – miscelato a una piccola quantità di ossigeno è indispensabile per impedire lo sviluppo di batteri sia aerobici che anaerobici e, come si è detto, per interrompere il progressivo ingiallimento del tessuto. La nuova teca è provvista di un sistema di controllo della pressione interna costituito da una batteria di soffietti mobili (posizionati al di sotto della teca) che garantiscono un costante equilibrio tra pressione interna ed esterna alla teca, necessario per evitare rischi di rotture del vetro.
Al termine di una lunga e delicata fase di preparazione, il 20 giugno 2002 ebbe inizio l’ultima fase dei lavori, consistente in un importante e indispensabile intervento di restauro conservativo che si concluse il successivo 23 luglio. Sotto la guida di Mechthild Flury Lemberg, esperta di fama internazionale di restauri di tessuti antichi, la Sindone venne scucita dal vecchio telo d’Olanda e successivamente furono scucite tutte le toppe al di sotto delle quali fu trovata una notevolissima quantità di materiale inquinante – costituito soprattutto da residui di tessuto carbonizzato durante l’incendio di Chambéry e polverizzatosi durante i secoli successivi – che costituiva ovviamente un notevole rischio per la conservazione del tessuto sindonico. Tale materiale fu asportato, raccolto in appositi contenitori sigillati, catalogato e consegnato al cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone.
Prima di provvedere alla cucitura di un nuovo telo di sostegno sul retro della Sindone venne effettuato un completo rilievo fotografico e tramite scanner, oltre a rilievi fotografici in fluorescenza e registrazioni spettroscopiche Uv-Vis e Raman a diverse lunghezze d’onda in siti con diverse caratteristiche – al di sotto di siti senza immagine, con la sola immagine, con il solo sangue, con sangue e immagine, e così via. Fu inoltre effettuata un’analisi microscopica in alcuni siti con l’utilizzo di un videomicroscopio con ingrandimenti.
Infine vennero inoltre effettuati, sempre sul retro, alcuni prelievi microscopici con i metodi della suzione e del nastro adesivo.
Tutti i dati ottenuti e il materiale raccolto furono consegnati al custode pontificio della Sindone e, se e quando la Santa Sede lo riterrà opportuno, potranno essere messi a disposizione degli scienziati per studi e ricerche.
L’esame del retro della Sindone – rimasto coperto, e quindi non visibile, dal 1534 al 2002 – permise di confermare pienamente l’ipotesi avanzata nel 1978 dagli scienziati dello Sturp relativa al fatto che sul retro appaiono ben evidenti le macchie di sangue presenti sulla faccia visibile della Sindone, mentre è assente ogni traccia dell’immagine corporea perché possiede uno spessore solo di qualche centesimo di millimetro.
La Sindone è stata poi ricucita su di un nuovo telo di supporto, anch’esso tessuto in Olanda e preventivamente testato e analizzato per garantirne le caratteristiche chimico-fisiche. Infine i bordi delle bruciature furono cuciti al nuovo telo d’Olanda in quanto si è ritenuto non più necessario coprirli con nuove toppe, sia perché la Sindone è ora conservata completamente distesa in posizione orizzontale e quindi non più sottoposta a tensioni meccaniche, sia per rendere del tutto visibili l’immagine sindonica e le macchie ematiche.
Al termine dei lavori la Sindone è tornata nella sua teca, nel transetto sinistro della cattedrale di Torino, protetta e monitorata da sistemi moderni e sofisticati.
Il futuro della ricerca sul misterioso lenzuolo è stato tracciato dal simposio “La Sindone: passato, presente e futuro” svoltosi a Torino nel 2000, che ha visto la partecipazione, su invito, di 40 tra i maggiori esperti a livello internazionale di studi sulla Sindone e dei campi di ricerca a essa connessi, provenienti da dieci Paesi. Al termine del simposio è stato deciso di raccogliere nuove proposte di ricerca al fine di avviare nuovi studi e una raccolta di nuovi dati. Negli anni successivi al simposio sono pervenute a Torino, da scienziati di tutto il mondo, nuove proposte e progetti di ricerca che sono stati sottoposti all’esame di una commissione internazionale di esperti, per valutare la possibilità di avviare una nuova campagna coordinata di studi e di ricerche. Al momento attuale tutto il materiale raccolto è stato consegnato alla Santa Sede. Sarà la Santa Sede, proprietaria della Sindone, a decidere se e quando avviare una nuova campagna di ricerche dirette. La nuova e affascinante sfida che la Sindone lancia alla scienza per il nuovo millennio è già iniziata.
© L’Osservatore Romano
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