da L’Osservatore Romano, 10 febbraio 2010
La verità sull’uomo misura di ogni progresso
Il cardinale Ruini sull’enciclica «Caritas in veritate»
Roma, 9. Orientare in favore dell’uomo le enormi e inedite potenzialità scientifiche e tecnologiche della fase storica che appare all’orizzonte. È questo l'”appello” fondamentale che è al cuore della “questione antropologica” contenuta nella Caritas in veritate. Enciclica in cui Benedetto XVI ribadisce con forza il “legame inscindibile” tra carità e verità, perché “un cristianesimo di carità senza verità diventa fatalmente marginale”. A sottolinearlo è stato il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, intervenuto ieri sera a Roma, nella basilica di San Giovanni in Laterano, all’apertura della nuova serie degli “Incontri in cattedrale 2010” con una relazione su “Caritas in veritate: i fondamenti antropologici dell’enciclica”.
A introdurre Ruini è stato il cardinale vicario Agostino Vallini, che ha ricordato come la Caritas in veritate abbia “suscitato grande interesse” e sia stata “accolta con favore non solo nei mezzi di comunicazione sociale”, ma nelle “sedi più diverse, da quelle scientifiche e culturali a quelle religiose, politiche, economiche e dell’alta finanza, in un momento in cui a livello mondiale si sono registrati cambiamenti radicali dalle prospettive imprevedibili, che domandano un ripensamento generale dei valori di riferimento su cui costruire la civiltà e l’economia mondiale”.
Per il cardinale Ruini, “la verità dell’uomo s’esprime anzitutto nella centralità della persona umana” che un’altra importante enciclica, la Populorum progressio, dedicata da Paolo vi al grande tema dello sviluppo integrale e planetario, “considera come il principio chiave d’una corretta e feconda attuazione dello sviluppo”.
La prospettiva nella quale la Caritas in veritate afferma la “centralità del soggetto umano”, ha proseguito Ruini, tuttavia non è soltanto “funzionale” alla questione dello sviluppo; al contrario, “la centralità appartiene di per sé alla persona, in virtù del suo essere, e s’esprime e si manifesta a proposito dello sviluppo come in altre tematiche”. In particolare, ha sottolineato il cardinale, “riguardo alle problematiche ecologiche e al rapporto uomo-natura, viene sottolineato in primo luogo che sia l’uomo sia la natura non sono il frutto del caso o del determinismo evolutivo, ma dell’intervento creativo di Dio”, perché l’essere “non può provenire dal nulla e l’intelligenza non può essere nata dal caso”. In questo senso, ha ribadito il porporato, anche “la stessa globalizzazione non va intesa come un processo fatale, anonimo e impersonale, sottratto alla nostra volontà e responsabilità, ma al contrario è un processo storico pluridimensionale e pienamente umano, con evidenti fattori tecnologici e dimensioni socio-economiche, ma con altrettanto essenziali aspetti culturali ed etici”.
Alla base dell’orientamento etico dello sviluppo, ha affermato Ruini, sta “il riferimento alla natura sia dell’uomo sia delle realtà infra-umane e quindi alla “legge naturale””, perché “l’ambiente naturale reca in sé una “grammatica” che indica finalità e criteri per il suo utilizzo”. Di fronte a queste considerazioni, è evidente “la responsabilità anche pubblica della Chiesa, custode d’una fede che ha un’essenziale dimensione etica e antropologica, sui grandi temi dello sviluppo e dell’ecologia”. Dalla Caritas in veritate, ha precisato il cardinale, emerge che “l’elemento nuovo e specifico che è all’origine dell’attuale questione antropologica è costituito dai recenti sviluppi scientifici e tecnologici che hanno dato all’uomo un nuovo potere di intervento su se stesso”. Una trasformazione che invita a riflettere sulle “capacità della razionalità scientifica e tecnologica d’assumere la guida dei processi di trasformazione dell’uomo e di assicurarne esiti positivi e benefici”. Così, “per orientare a favore dell’uomo la nuova fase che si sta aprendo” – ha evidenziato Ruini – è importante “l’immagine e l’esperienza dell’uomo che prevale nello spazio complessivo della cultura e della società, a livello d’una nazione, d’una civiltà e ormai sempre più dell’intera umanità”. E il “grande appello” contenuto nella Caritas in veritate, ha spiegato il cardinale, è quello di “orientare a favore dell’uomo la nuova fase che si sta aprendo per il fatto che l’uomo sta diventando capace di modificare fisicamente se stesso: è questo infatti il cuore della nuova “questione antropologica””. Due le condizioni essenziali affinché “un tale appello possa essere accolto e avere una reale efficacia storica”. La prima ha a che fare “con il processo di globalizzazione e con i mutamenti in corso nei grandi equilibri geo-economici e geo-politici, ma anche e inevitabilmente geo-culturali” e riguarda i popoli eredi della tradizione cristiana, in particolare l’Italia, che “per primi hanno la responsabilità e il compito di mantenere e far fruttificare la centralità dell’uomo”. La seconda, ha concluso, riguarda invece “ognuno di noi”, nella situazione concreta in cui si trova, perché siamo tutti “corresponsabili” affinché “la centralità del soggetto umano assuma un rilievo forte e concreto, capace d’incidere sul crescente potere che l’umanità sta acquistando di modificare fisicamente se stessa, per orientare questo potere a favore dell’uomo, considerato in ogni singola persona e in ogni fase della vita sempre come fine e mai come mezzo”.
© L’Osservatore Romano
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