da L’Osservatore Romano, 26 febbraio 2010
L’universo all’infrarosso
Il telescopio spaziale Wise della Nasa apre nuove prospettive nello studio dello spazio siderale
di Maria Maggi
Spettacolari immagini della galassia Andromeda, della cometa Siding Spring con la sua coda rossa smagliante, ammassi di galassie e nubi incubatrici di stelle in formazione sono apparse in questi giorni, inviate dal telescopio spaziale Wise (Wide-field infrared survey explorer) della Nasa. Si tratta delle prime fotografie di questa missione, che ha come scopo quello di scrutare il cielo nell’infrarosso come non è mai stato fatto finora. E dopo un simile esordio gli astronomi si aspettano scoperte eccezionali.
Il telescopio all’infrarosso Wise fu lanciato lo scorso 14 dicembre dalla base di Vandenberg in California e si è subito posto in orbita polare a 525 chilometri di altezza. Durante il suo moto orbitale attorno alla Terra sta eseguendo scansioni di cerchi massimi della sfera celeste a ogni orbita (scattando foto a infrarossi ogni undici secondi e inviando i dati sulla Terra ogni sei ore) e completerà l’intera sfera in sei mesi. La sua vita operativa continuerà ancora per almeno tre mesi, permettendo di coprire una parte del cielo una seconda volta, e terminerà quando l’idrogeno liquido, che viene utilizzato come refrigerante degli strumenti, sarà esaurito.
Ma perché è importante osservare il cielo all’infrarosso? Quando guardiamo il cielo vediamo solo la luce visibile proveniente dalle stelle che sono luminose, essendo ad altissima temperatura, e anche da alcuni corpi del nostro sistema solare (pianeti, satelliti e comete) che riflettono la luce del Sole. Ma esistono molti corpi celesti che non emettono radiazione ottica, e fino a pochi anni fa non si sapeva della loro esistenza. Lo stesso emisfero buio della Terra non sarebbe stato visto da un eventuale astronomo posto a grande distanza.
Lo scienziato che scoprì la radiazione infrarossa nello spettro del Sole, due secoli fa, fu William Herschel. Utilizzò un prisma con cui scompose la luce del Sole nei vari colori dello spettro. Siccome la luce trasporta energia, se si pone un termometro in corrispondenza dei vari colori si osservano temperature diverse. Ma anche mettendo il termometro oltre il colore rosso si nota un aumento di temperatura, causato dalla radiazione infrarossa del Sole. Fu così che Herschel operò.
Passò poi più di un secolo e mezzo per avere la prima sky survey (mappa completa del cielo) nel vicino infrarosso. Ma per osservare il cielo a lunghezze d’onda maggiori, nel medio e lontano infrarosso, si dovette operare in orbita, al di fuori dell’atmosfera. L’emissione termica dell’aria, infatti, è in grado di cancellare il debole flusso infrarosso delle sorgenti celesti che si cerca di osservare. E anche lo stesso telescopio deve essere raffreddato a una temperatura di poco superiore allo zero assoluto (-273 gradi centigradi) in modo che non si abbia una emissione termica significativa dalle parti componenti. Il primo telescopio con queste caratteristiche fu Iras (Infrared astronomy satellite), posto in orbita attorno alla Terra nel 1983, e raffreddato con elio liquido. Il rivelatore fu costruito per osservare il cielo nel medio e lontano infrarosso e riuscì a completare bene il suo compito realizzando un catalogo di 250.000 sorgenti, che da allora è stato una risorsa preziosa per tutti gli astronomi. L’universo all’infrarosso, infatti, è molto più variegato che nel visibile, perché sono messi in evidenza corpi o nebulose oscure la cui temperatura è troppo bassa per farli brillare. Con la radiazione infrarossa poi è anche possibile vedere attraverso le dense nubi di materia interstellare, che per esempio si trovano nel piano galattico e fermano la luce visibile.
Una delle più importanti scoperte fatte con Iras fu l’eccesso di radiazione infrarossa emessa da Vega e Fomalhaut, due stelle giovani abbastanza vicine alla Terra. Si capì che questa radiazione infrarossa anomala proveniva da dischi circumstellari, formati da polvere e planetesimi, ossia da sistemi solari in formazione. Poi queste osservazioni ebbero conferme successive, come l’immagine ripresa due anni fa dal telescopio spaziale Hubble che mostra la presenza di un pianeta, appena all’interno del disco di polveri che circonda Fomalhaut.
Wise, lanciato dopo oltre un quarto di secolo, farà molto meglio di Iras perché avrà una sensibilità centinaia di volte maggiore e una risoluzione angolare cinque volte superiore, pur essendo il telescopio di cui è dotato di ridotte dimensioni. Anche se gli altri osservatori infrarossi in orbita, come Spitzer, Herschel e il futuro James Webb Space Telescope, sono molto più grandi e sensibili, questi hanno però la caratteristica di poter osservare solo una piccola porzione di cielo. Devono cioè sapere dove guardare e hanno bisogno delle survey a grande campo. Il compito di Wise sarà proprio quello di realizzare la più completa e dettagliata mappa del cielo nel medio infrarosso, che attualmente manca.
Cominciando dal sistema solare osserverà gli asteroidi e, soprattutto, quegli oggetti che incrociano l’orbita terrestre, ossia i Neo (Near Earth Object). Ciò potrà servire per stabilire le effettive dimensioni di questi oggetti, perché ora si ha un’idea imprecisa dei loro diametri, e quindi delle loro masse, basata solo sulla radiazione visibile riflessa. Wise sarà in grado di riprendere asteroidi del diametro minimo di cinquecento metri, se sono distanti da noi tanto quanto la Terra dal Sole, e di osservare asteroidi del diametro minimo di tre chilometri, se posti nella fascia principale, tra Marte e Giove. Inoltre arriverà anche, osservando le piccole variazioni di temperatura nei due emisferi dell’asteroide in rotazione, a prevedere l’eventuale modifica dell’orbita dovuta a un eccesso di radiazione termica su una zona rispetto a un’altra.
Al di fuori del sistema solare Wise riuscirà a osservare le nane brune, ossia le stelle con una massa inferiore all’8 per cento di quella solare, che non possono sostenere reazioni di fusione nucleare nel loro nucleo e hanno una temperatura superficiale di circa 300 gradi centigradi. Alcuni astronomi pensano che siano numerose quanto le stelle vere e proprie, ma emettendo pochissimo nel visibile sono state per ora individuate solo alcune nane brune vicine. Wise potrà chiarire questo punto e potrà soprattutto individuare migliaia di sistemi planetari usando la tecnica dell’eccesso infrarosso, di cui è stato pioniere Iras.
Infine, gettando uno sguardo nelle profondità dell’universo, Wise potrà notare le zone di formazione stellare esistenti nelle altre galassie e osservare galassie peculiari, già viste da Iras, in cui si stanno formando nuove stelle a un tasso parossistico, cento volte superiore a quello della Via Lattea. Oggi queste galassie sono rare, ma non era così nei primi miliardi di anni dell’universo. Wise scoverà le galassie luminose con i più alti tassi di formazione stellare, che siano mai esistite, e che poi verranno studiate dettagliatamente da parte del James Webb Space Telescope.
© L’Osservatore Romano
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