Riceviamo da Mons. Fiorenzo Facchini, e pubblichiamo, la sua analisi e replica all’articolo del prof. De Mattei Il teo-evoluzionismo è una malattia dello spirito da cui guardarsi, dice il prof. De Mattei, pubblicato da Il Foglio del 29 dicembre, e ripreso da SRM (link)
La prima reazione dopo avere letto l’articolo di Roberto De Mattei sul Foglio del 29 dicembre 2010 a proposito del teo-evoluzionismo (di cui il sottoscritto sarebbe espressione), è stata quella di lasciare perdere, se non fosse che per gli incarichi pubblici ricoperti dall’autore non mi sembra giusto che certe asserzioni, che non hanno nulla di scientifico e ben poco sul piano religioso, passino inosservate.
Mentre è fuori discussione l’amicizia che mi lega a Francisco Ayala, l’avermi considerato, insieme con Ayala, discepolo del gesuita francese Teilhard de Chardin attraverso la mediazione di Dobzhansky (avrebbe potuto aggiungere il paleontologo Piveteau), non suona come critica, ma è per me un grande onore di cui gli sono grato. Negli scritti di Teilhard, che tanto scandalizzano De Mattei, vi sono espressioni metaforiche che, slegate dal contesto e dal suo linguaggio usato dall’autore, possono sorprendere e prestarsi a critiche, ma il suo pensiero va visto nell’insieme. Teilhard è stato un grande paleontologo. Egli ha proposto una visione evolutiva generale culminante in eventi che si collocano però fuori dall’ambito scientifico, come il punto omega, che identifica nel Cristo ricapitolatore di tutta la realtà secondo san Paolo. Teilhard de Chardin ha avuto il merito di richiamare la necessità di una visione unitaria della storia della vita in cui l’uomo appare profondamente radicato nella natura, rappresenta una direzione privilegiata della evoluzione ed è chiamato a darle un senso. Suggerirei a questo proposito di leggere la “Messa sul mondo”, un testo di grande fede e misticismo. Vorrei anche ricordargli la citazione che Benedetto XVI ha fatto di Teilhard il 26 luglio a Les Combes in una omelia in cui ha ricordato la grande visione che ha avuto Teilhard de Chardin, riprendendo l’idea di san Paolo, secondo la quale alla fine avremo una vera liturgia cosmica, quando il cosmo diventerà ostia vivente. Non sarà da censurare anche il Papa per le sue aperture verso Teilhard de Chardin?
Nel citato articolo su “Il Foglio” si tirano le conseguenze che si avrebbero sul piano teologico, ammettendo l’evoluzione, con la stessa grossolanità con cui Odifreddi (sul cui pensiero si riferisce nell’articolo) liquida in base alla evoluzione i racconti della Bibbia sulle origini, sul peccato originale e ciò che ne consegue, compresa l’incarnazione di Gesù Cristo, la Chiesa da lui fondata e i suoi ministri (fra cui i sacerdoti teoevoluzionisti). Ci sarebbe da sorridere se non si trattasse di cose serie. A che servono queste uscite se non a confondere le idee nelle persone comuni?
Per qualche chiarimento in questa materia mi permetto rimandare al mio volume “Le sfide dell’evoluzione. In armonia tra scienza e fede” (Jaca Book, 2008) che De Mattei cita, ma dimostra di non avere letto o non avere capito.
Egli afferma, tra l’altro, la stabilità della specie come evidenza sperimentabile. Siamo dunque fermi a Linneo, due secoli fa. Certamente ogni specie vive perché realizza una omeostasi con l’ambiente, nel senso che la specie tende a mantenersi stabile (l’omeostasi di per sé si oppone al cambiamento realizzando un adattamento), ma possono esservi cambiamenti a livello genetico o ambientale tali da mettere in discussione l’equilibrio stesso, per cui possono instaurarsi processi di speciazione o differenziazione tra popolazioni a livello microevolutivo. E’ un dato elementare della genetica di popolazioni che gli studenti universitari di Scienze conoscono bene. C’è poi da ricordare che processi microevolutivi riconducibili alla teoria darwiniana sono noti a livello batterico, oltre che per varie specie (es. uccelli delle Galapagos, della Melanesia, ecc.), ma non è questa la sede per parlarne. La loro estensione a tutto il processo evolutivo è la grande sfida del darwinismo su cui però non c’è ancora la chiarezza che si vorrebbe.
La polemica con gli evoluzionisti ha spinto De Mattei (come si rileva dal volume da lui curato per gli atti di un convegno promosso nel febbraio scorso a Roma sulla evoluzione, sul cui contenuto non voglio entrare) a ritenere la preistoria come cosmogonia o narrazione fantasiosa o pura immaginazione, compresa la ricostruzione della vita quotidiana dell’uomo preistorico che il sottoscritto ha cercato di fare in alcuni volumetti per ragazzi, non sognando a occhi aperti, ma sulla base della documentazione esistente che, evidentemente, il Prof. De Mattei non conosce.
Ma c’è un’altra affermazione nell’articolo pubblicato sul Suo giornale che non può essere passata sotto silenzio e cioè che il “teo-evoluzionismo” non è solo un errore scientifico e filosofico, ma innanzitutto una malattia dello spirito”.
Con questa affermazione si passa dalla discussione a un giudizio moraleggiante, superficiale e fuori luogo. L’autore, che è uno storico, assume le vesti del maestro spirituale. Un po’ troppo. Ne sutor ultra crepidam. Mi conforta il pensiero di essere in compagnia di fior di teologi e di esponenti della gerarchia cattolica.
C’è da riflettere su queste posizioni interne al mondo cattolico, non richieste dalla teologia della creazione. Esse offrono un piatto goloso agli evoluzionisti materialisti che non accettano la creazione.
Purtroppo debbo riconoscere che il cammino verso un corretto rapporto tra scienza e fede è ancora lungo, sia in una parte del mondo scientifico che in certi ambiti del mondo cattolico, nonostante i chiarimenti autorevoli intervenuti in varie occasioni.
Fiorenzo Facchini
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