da L’Osservatore Romano, 25-26 gennaio 2010
Nirenberg e il motore della doppia elica
È morto il Nobel che decifrò il codice genetico
di Maria Maggi
Durante un congresso a Mosca nel 1961 davanti a una platea semideserta, un giovane biologo sconosciuto illustrò i clamorosi risultati dei suoi studi. Nessuno dei partecipanti alla sessione afferrò appieno l’importanza dei dati presentati. Tranne una persona che segnalò la cosa a Francis Crick, lo scopritore nel 1953 della struttura del Dna, che capì benissimo di trovarsi di fronte a un lavoro innovatore.
Il biologo era lo statunitense Marshall Warren Nirenberg, che in breve tempo era arrivato, con un’équipe di giovani biologi, a sintetizzare senza saperlo l’Rna messaggero, proprio mentre i maggiori studiosi di biologia stavano cercando di capire il ruolo di questa molecola. In seguito perfezionò i suoi studi ed ebbe il Nobel per aver descritto il codice genetico e definito il ruolo nella sintesi proteica. Lo scienziato è morto alla metà di gennaio nella sua casa di Manhattan a 82 anni in seguito a un tumore.
Marshall Nirenberg nacque a New York City nel 1927. Da bambino fu affetto da febbre reumatica e ciò indusse la famiglia a trasferirsi, all’età di 12 anni, a Orlando, dove c’era un clima migliore. Qui il suo precoce interesse per l’osservazione degli uccelli lo avvicinò alle scienze biologiche e lo portò a esplorare dal punto di vista ecologico gli habitat umidi della Florida.
Nel 1948 Nirenberg si laureò in scienze all’università della Florida e conseguì anche un master in zoologia su ecologia e tassonomia dei tricotteri. Poi completò i suoi studi all’università del Michigan e nel 1957 portò a termine il dottorato in biochimica. Era attirato sempre di più dalla questione della vita in se stessa e voleva conoscerne l’essenza.
Dopo il dottorato, Nirenberg entrò, grazie a una borsa di studio biennale, nell’American Cancer Society. Nel 1960 accettò la carica di ricercatore biochimico alla sezione di Enzimi metabolici presso il National Institutes of Health. Aveva intanto cominciato a lavorare al problema di quali fossero le relazioni tra le molecole di Dna, Rna e le proteine.
In quegli anni già molto si era chiarito sul Dna, da quando cioè Watson e Crick avevano stabilito che la “doppia elica” aveva l’aspetto di una lunghissima scala a pioli, dove i pioli erano composti solo da quattro basi azotate – adenina, guanina, citosina, e timina – e che il codice genetico doveva essere composto dalla loro successione nella molecola. Non si sapeva, però, quale sequenza di basi poteva disporre la produzione di ognuno dei venti amminoacidi fondamentali per la costruzione delle proteine. Gamow aveva ipotizzato che le quattro basi avrebbero potuto organizzarsi in triplette, in modo che le possibili combinazioni sarebbero state in tutto sessantaquattro. Naturalmente non si sapeva quale tripletta codificasse ogni particolare amminoacido.
Lo scoprì nel 1961 Nirenberg che decifrò il primo elemento del codice genetico.
Pochi mesi prima era stato dimostrato che l’informazione genetica era trasmessa da una molecola di Rna, metabolicamente instabile, chiamata Rna messaggero (m-Rna). Nirenberg, coadiuvato dal biochimico Heinrich Matthaei, utilizzando un m-Rna sintetico composto unicamente da uracile, dimostrò che poteva dirigere la sintesi di una proteina, specificatamente la sintesi di una polifenilananina. Così venne svelato il primo pezzo del codice genetico.
Gli esperimenti di Nirenberg ottennero presto una grande attenzione da parte della comunità scientifica. In pochi anni, il suo gruppo di ricerca svolse altri esperimenti del tutto simili che portarono a definire che le triplette di adenosina e citosina erano i codici per la lisina e la prolina, mentre le triplette di guanina non erano codici.
Il passo successivo fu attuato da Phillip Leder, un ricercatore del laboratorio di Nirenberg, che sviluppò un metodo per determinare il codice genetico su pezzi di t-Rna. Il metodo di Leder permise di velocizzare enormemente l’assegnazione delle triplette di basi azotate (detti “codoni”) agli amminoacidi corrispondenti, identificando 50 dei 64 codoni potenziali. In seguito furono gli esperimenti del chimico americano di origine indiana Har Gobind Khorana e, indipendentemente dal suo lavoro, del chimico americano Robert Holley a confermare e completare la decifrazione del codice genetico, ossia ad assegnare a ogni tripletta l’amminoacido che le corrispondeva. Nirenberg, Khorama e Holley ottennerro per questi studi il premio Nobel nel 1968.
In seguito Nirenberg si dedicò allo studio dei fenomeni molecolari nelle trasmissioni sinaptiche del cervello. Ancora negli ultimi anni si stava impegnando nella ricerca studiando lo sviluppo del sistema nervoso della drosophila melanogaster.
© L’Osservatore Romano
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