Di Stephen Webb
Quando è stato pubblicato, nel 2004, ha ricevuto consensi sia in ambiti scientifici che divulgativi e editoriali: un libro che in modo semplice però non banale, divertendo e spiegando, riesca a trattare, piacevolmente ma anche seriamente, il tema della presenza della vita su altri pianeti, e della inspiegabilità di un universo in cui saremmo letteralmente circondati, anche se a amigliaia o milioni di anni luce, da forme di vita, probabilmente anche intelligente, ma che non siamo mai riusciti ad individuare con certezza, e ad osservare in modo incontrovertibile.
Questo, come spiega lo stesso Webb nella prefazione, è il “paradosso di Fermi, ossia della contraddizione insita nel fatto che non vediamo gli alieni mentre ci attenderemmo segnali o indizi della loro esistenza”.
Un paradosso che guida tutta l’opera, di cui segnaliamo una recensione di questi giorni sulla rivista Coelum.
Dalla scheda:
“Se ci sono quattrocento milioni di stelle solo nella Via Lattea, e forse quattrocento milioni di galassie nell’Universo, è ragionevole che là fuori, in un cosmo che ha quattordici miliardi di anni, esista – o sia esistita – una civiltà avanzata almeno quanto la nostra: è l’enormità dei numeri a pretendere che sia così. Ma allora perché gli extraterrestri non ci hanno lasciato tracce, messaggi, artefatti? Se le dimensioni e l’età dell’Universo sostengono con forza l’esistenza di popolazioni aliene, perché non ne abbiamo testimonianza? Dal giorno del 1950 in cui, parlando con i colleghi alla mensa di Los Alamos, un serissimo Enrico Fermi domandò: «Dove sono tutti quanti?», questo paradosso porta il suo nome.”
Link scheda, Sironi Editore – recensione, Coelum
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