da L’Osservatore Romano, 26-27 aprile 2011
La Ragione buona
L’omelia di Benedetto XVI per la veglia di Pasqua di quest’anno, all’inizio del settimo anno di pontificato, è un testo impressionante. Che resterà tra quelli più memorabili – e certo non sono pochi – di un Papa che con la sua parola sta restituendo alla tradizione cristiana forza e comprensibilità in un mondo sommerso da un’infinità di messaggi.
Come sempre nelle principali ricorrenze del tempo cristiano, è la liturgia a richiamare con i segni e la Parola l’attenzione di Papa Ratzinger. Così nella veglia pasquale, la luce del fuoco, simbolo dell’inattingibile lumen Christi che brilla nell’oscurità della notte e del mondo, e l’acqua, che indica l’immersione (bàptisma) nella morte e la salvezza portata dalla resurrezione di Cristo.
Quest’anno Benedetto XVI ha però scelto di concentrare la sua riflessione, che ha il dono di arrivare all’essenziale, sulla parola della Scrittura ispirata da Dio e proclamata nella liturgia. In particolare, le antiche profezie veterotestamentarie. Che non solo raccontano la storia della salvezza, ma mostrano il “fondamento e l’orientamento” di tutta la storia. A partire dalla creazione.
Proprio la scelta di collocare questo racconto all’inizio della più importante liturgia dell’anno indica la specificità della Chiesa: non soddisfare bisogni religiosi, ma portare “l’uomo in contatto con Dio”. Riconoscendo la realtà di un universo non casuale ma creato da una Parola e da una Ragione buona: il lògos, che era “in principio”, quando Dio creò il cielo e la terra, riposando il sabato.
Voluta da una Ragione buona, la creazione rimane buona nonostante “una spessa linea oscura” che vi si manifesta e le si oppone, per l’uso indebito della libertà voluta dalla stessa Ragione. Contro ogni gnosticismo avverso alla creazione, questo era e rimane il convincimento della Chiesa. Che il primo giorno dopo il sabato – il “giorno del Signore” (dies dominica) che da allora ne ha preso il posto – ha incontrato il Risorto. L’unico ad avere vinto la morte e ad avere cambiato il mondo.
g. m. v. – Giovanni Maria Vian
© L’Osservatore Romano
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