Un netto cambiamento di prospettiva, rispetto a quanto ipotizzavano alcune correnti di pensiero sulla psichiatria, considerando, e definendo la religione e la religiosità come caratteristiche di persone “esitanti, afflitte da sensi di colpa, eccessivamente timide, prive di chiare e ferme convinzioni che permettano loro di affrontare le difficoltà dell’esistenza”. Insomma una patologia, o al limite la dimostrazione evidente di patologie sottostanti, come psicosi, o la nevrosi teorizzata da Sigmund Freud.
In realtà, un recente studio sembra dimostrare come la fede non sia solo perfettamente compatibile con un buon stato di salute, psichica e fisica, ma porti anzi benefici agli individui stessi.
Lo studio ovviamente non individua, né potrebbe, se la ragione di tale benessere potenziale sia un effetto placebo-palliativo della fede, né se vi siano ragioni neurologiche e endocrinologiche legate ad esempio alla preghiera e alla meditazione e riflessione spirituale e religiosa. Mostra però chiaramente come la connessione fede-salute (mentale e fisica) sia statisticamente opposta all’idea popolare, e spesso favorita da molti intellettuali laicisti, di una equazione religione = patologie mentali.
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