da L’Osservatore Romano, 22 maggio 2011
È stata un’occasione davvero storica – così l’ha definita davanti a tutto il mondo il presidente dell’Agenzia spaziale italiana che l’ha introdotta – ma anche un avvenimento senza precedenti la conversazione che Benedetto XVI ha tenuto dal Palazzo apostolico con gli astronauti presenti nella stazione internazionale che orbita intorno alla Terra. Grazie a un collegamento diretto in audio e in video tra il Papa e la missione spaziale mai realizzato finora.
E mai finora si era verificata la singolare inversione di ruoli per la quale è stato Benedetto XVI a porre le domande ai suoi interlocutori, e non viceversa. Anche se già il 5 ottobre 1963 Paolo VI confessò, rivolgendosi a un congresso di medicina aeronautica e aerospaziale, che avrebbe preferito tacere per ascoltare gli scienziati ricevuti in udienza.
Proprio Papa Montini manifestò più volte – nella stagione esaltante delle prime imprese spaziali – l’interesse e il sostegno della Chiesa cattolica. Più in generale, poi, molto importante è stato, tra il medioevo e gli inizi dell’età moderna, il ruolo svolto dal cattolicesimo nella promozione dell’astronomia e delle scienze. Come sa bene chi guarda alla storia senza pregiudizi ideologici e superando abusati stereotipi che vorrebbero la Chiesa nemica del progresso scientifico.
Mezzo secolo dopo l’inizio dei voli nello spazio – iniziati nel contesto aspramente competitivo della corsa senza risparmio alla supremazia tra le due superpotenze sovietica e americana – molto è cambiato. Come ha mostrato con evidenza lo sfondo delle bandierine di diversi Paesi davanti alle quali si sono stretti, in assenza di gravità, gli astronauti di più nazionalità per conversare con Benedetto XVI.
Oggi non sono però superati i problemi, posti durante la conversazione nello spazio siderale dal Papa, che con semplicità si è dichiarato “molto curioso di ascoltare”, proprio come aveva detto Paolo VI. In che modo la scienza può contribuire alla causa della pace? E come si deve assumere la responsabilità per l’avvenire del pianeta Terra, affascinante puntino nell’immensità del cosmo?
A queste domande gli astronauti hanno dato risposte convincenti, idealmente impegnative per tutti. In un'”avventura dello spirito umano” – così l’ha definita Benedetto XVI – che è anche “uno stimolo fortissimo a riflettere sulle origini e sul destino dell’universo e dell’umanità”. Perché tutto, come disse Paolo VI celebrando il 20 luglio 1969 il primo allunaggio, “ancora dipende dal cuore dell’uomo”.
g. m. v.
© L’Osservatore Romano
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