Intervistato da Avvenire, a margine della cerimonia di consegna del Premio Merck Serono conferitogli nei giorni scorsi per il suo libro Le immagini della scienza, il cosmologo britannico, Premio Templeton nel 2006, ha parlato di come la propria attività scientifica e professionale si confronti costantemente con l’indefinitezza e inafferrabilità di una realtà, quella dell’universo, potenzialmente infinita, e perlopiù inaccessibile ai nostri strumenti e alle nostre tecnologie.
Barrow, ha parlato anche delle ipotesi sull’esistenza parallela di Universi multipli, e delle relative implicazioni, spiegando anche che “se l’Universo è infinito, tutto è possibile da qualche parte” e che, per quanto possa “sembrare altamente improbabile, [..] in qualche regione remota dell’Universo l’imprevisto potrebbe accadere, tutto potrebbe accadere”.
Perché evidentemente “quando parliamo dell’Universo, noi non abbiamo accesso a tutto l’universo”: siamo solamente “in un’area specifica del cosmo” potenzialmente illimitato. Quindi uno scienziato “può studiare soltanto le regioni dell’Universo in cui, negli ultimi 14 miliardi di anni, è arrivata la luce”. Uno spazio immenso, che però in realtà è solo una parta minore di tutta la realtà.
Ecco perché “l’idea di altri universi paralleli e quella del nostro universo che è molto diverso dalla minima parte che conosciamo, non sono poi posizioni tanto distanti l’una dall’altra”.
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