Secondo uno studio di alcuni ricercatori dell’Università di Tucson, in Arizona, guidati dalla prof.ssa Joanna Masel, gli esseri viventi si adatterebbero all’ambiente in conseguenza di mutazioni casuali, dovute a “errori genetici”, e che si dimostrerebbero vincenti, o comunque capaci di garantire la sopravvivenza, se non la supremazia, dei soggetti mutati.
La ricerca, pubblicata su PNAS, Proceedings of the National Academy of Sciences, ha analizzato la crescita e lo sviluppo di colonie di lieviti, permettendo anche di definire un modello matematico di evoluzione, e di simularne così teoricamente le possibili modificazioni genetiche su periodi di tempo molto più ampi.
Come ha spiegato la stessa Masel, l’evoluzione avrebbe “bisogno di un parco giochi in cui sperimentare i possibili cambiamenti” e di determinare quali possano essere utili o vincenti.
Lo sviluppo per difetti sarebbe anzi stato necessario; diversamente “gli organismi sarebbero rimasti sempre gli stessi e non sarebbero stati in grado di adattarsi a nuove situazioni o a modifiche ambientali”.
Per gli scienziati, una tale ipotesi potrebbe costituire una svolta nell’ambito delle teorie evolutive, in particolare della teoria di Darwin, costituendo una sorta di “anello mancante” che supererebbe le maggiori incongruenze tra ipotesi e realtà sperimentali.
In attesa di avere maggiori informazioni sullo studio, possiamo però interrogarci sul perché, ad esempio, animali della stessa specie si siano evoluti allo stesso modo in ambienti molto diversi e distanti migliaia di chilometri, senza possibilità di contatti tra le varie popolazioni, e a prescindere da una effettiva efficienza della mutazione e, quindi, dell’adattamento.
Link Il Sole 24 Ore
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