Può lo studio delle scienze fisiche avvicinare l’essere umano a Dio e alla percezione dell’esistenza di un trascendente e di un assoluto che vanno oltre le capacità della mente umana, e oltre le possibilità della scienza di spiegare il tutto, oppure tendenzialmente il lavoro di ricerca degli studiosi finisce per spingerli verso posizioni e concezioni più materialistiche e deterministiche ?
Per Lucio Rossi, professore associato di fisica sperimentale all’Università di Milano, coinvolto nel Progetto LHC del CERN di Ginevra, l’attività di scienziato si è rivelata totalmente coerente con la propria spiritualità: una attività che per sua stessa natura non porta a conclusioni definitive, come spiega in una intervista per Avvenire, mostrando invece “che le risposte che ci dà una scoperta scientifica generano sempre un numero ancora maggiore di domande”. Perché “la conoscenza non finisce mai, conserviamo quella acquisita e cominciamo a inseguire nuove conquiste e scoperte”.
Così, è in questa impossibilità o quasi di giungere a punti conclusivi, che “la nostra mente attinge l’idea che possa esistere l’infinito”, permettendoci di “intuirne l’esistenza”.
E anche se puntualizza che una tale affermazione non è “strettamente scientifica”, lo studioso spiega come sia proprio il passare da un livello di conoscenza all’altro “che ci lascia immaginare che ci sia un infinito al di là del finito” e che “neanche i valori fondamentali si esauriscono mai”.
Su tali temi, sui progetti attuali al CERN, LHC in testa, e sulla realtà e l’esperienza del proprio lavoro di ricercatore, Lucio Rossi è intervenuto nel mese di agosto al Meeting di Rimini, nell’incontro Atomo: Indivisibile ? Domande e certezze nella scienza, durante il quale è stata anche presentata la mostra omonima.
“La certezza scientifica”, ha spiegato, “non è una cosa che raggiungi e ti metti in tasca. È qualcosa di dinamico, un cammino che ti apre sempre di più alla conoscenza della realtà”; una realtà che è indipendente dalla disposizione d’animo dello studioso che la osserva, perché “la verità è altro da noi, non la inventiamo noi”, ciò nonostante, “riconoscere una certezza dipende da noi”.
Di questa progressione nella conoscenza ha parlato anche il giornalista Mario Gargantini, direttore della rivista scientifica Emmeciquadro, il quale ha introdotto e moderato l’incontro: “l’uomo – ha affermato – spinto dal desiderio di un incontro sempre più pieno con la realtà e da un’indomabile tensione al vero, può acquisire conoscenze certe” anche se inevitabilmente “attraverso processi fragili e complessi”.
Link evento, Meting di Rimini – Avvenire
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