La recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che ha stabilito la non brevettabilità di farmaci che siano stati prodotti distruggendo embrioni umani per utilizzarne le cellule staminali, ha scatenato numerose reazioni, anche polemiche, tra coloro che l’hanno vista come una preziosa dichiarazione di diritto che permette di salvaguardare la vita umana,e chi la considera invece come una inaccettabile e anacronistica limitazione della libertà di scienza e di sperimentazione, a maggior ragione in ambiti medici e terapeutici.
Così, mentre ad esempio il Presidente Emerito della Pontificia Accademia della Vita, Cardinale Elio Sgreccia, il ginecologo Pietro Romano, e il prof. Adriano Pessina, direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, si sono dichiarati a favore, se non entusiasti della sentenza, vista come un fondamentale punto di partenza per ridefinire il concetto di vita, e affermarne la necessaria difesa e inviolabilità, sull’altro “campo” c’è chi la considera quasi un incomprensibile “regalo” ai cattolici e ai difensori della dignità dell’embrione.
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