Una interessante analisi, su Focus, di un modo attuale di fare e comunicare la scienza, spettacolarizzandola.
Una modalità oggi sempre più frequente, se non abituale, amplificata e allo stesso tempo anche resa necessaria dal web e da gli altri cosiddetti new media, dalla loro velocità, e dalla grande concorrenza tra i mezzi di informazioni.
Che si parli di batteri nell’arsenico, vita extraterrestre, “particella di Dio”, la costante sembra essere da una parte la rapidità di annuncio, a volte anche senza le necessarie verifiche sperimentali o le più semplici contro-verifiche informative.
Dall’altra, la volontà, se non la necessità, di colpire l’attenzione dei media e del pubblico, con presunte scoperte sensazionali, scoop, utilizzo di topoi e archetipi come “il primo uomo”, la “scoperta definitiva”, o l’ipotesi di scoperte capaci di sovvertire tutte le certezze scientifiche e culturali precedenti.
Artefici e strumenti di tali modalità ad effetto di fare giornalismo e divulgazione sulla ricerca scientifica, sono tanto gli scienziati, che siano puri ricercatori o divulgatori, quanto i giornalisti.
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