In un recente articolo pubblicato sul blog The Stone del New York Times , Edward O. Wilson si interroga sulla natura e sulla apparente duplicità dell’essere umano: nelle stesse persone possiamo trovare a volte atteggiamenti egoistici, altre slanci di altruismo e generosità; in alcuni casi comportamenti e scelte dovuti a puro calcolo e razionalità, in altri momenti gesti istintivi e irrazionali, che appiono dettati da intuizioni, creatività, o dalla semplice volontà di aiutare, proteggere o dare gioia ad altre persone. Un dualismo che in realtà non può essere definito come tale, perchè frutto della natura globale e complessa degli esseri umani, e di cui non si è ancora compreso quanto sia dovuto ad un’intima essenza dell’uomo, quanto alla genetica e all’evoluzione.
Così, Wilson si chiede se “gli esseri umani siano intrinsecamente buoni, ma possano essere corrotti dalle forze del male, o se al contrario una innata tendenza al peccato possa essere redenta dalle forze del bene”. Analogamente, possiamo chiederci se noi uomini “siamo progettati per dedicare le nostre esistenze ad un gruppo, fino pure al rischio della morte, o se all’opposto esistiamo per porre noi stessi e le nostre famiglie al di sopra di chiunque altro”. La risposta, ovviamente, è che non siamo dei monoliti, moralmente: buoni o malvagi, egoisti o altruisti; “siamo tutti – scrive – delle chimere genetiche, allo stesso tempo santi e peccatori”. Ma qual’è la ragione di questa nostra essenza apparentemente contraddittoria, dei nostri conflitti interiori ? Per Wilson non è “perché l’umanità abbia fallito nel cercare di raggiungere certi predeterminati ideali religiosi o ideologici, ma a causa del modo in cui le nostre specie si sono originate e definite attraverso milioni di anni di evoluzione biologica”.
Link The Stone
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