Le discipline scientifiche, soprattutto nei secoli scorsi, sono state viste come basate sulla certezza, su conoscenze certamente non definitive, però esatte, e che si accumulavano e si sommavano nel tempo, formando così il corpus di conoscenza ad esempio della fisica, della medicina, dell’astronomia. Nulla di più lontano dalla realtà, come ci ha dimostrato chiaramente la storia della scienza, e in particolare anche nuove discipline come la fisica teorica quantistica. Ne parla un libro dal titolo esplicativo, opera del fisico Mario Livio: Cantonate: Perché la scienza vive di errori, pubblicato da Rizzoli nella collana Saggi, nel 2013.
Tradotto da S. Galli, il volume “traccia un ritratto vivo e realistico degli scivoloni inevitabili in ogni percorso di ricerca scientifica e racconta gli errori compiuti da alcuni tra i più grandi scienziati di sempre: dagli equivoci di Darwin nel formulare la teoria dell’evoluzione a Linus Pauling, premio Nobel per la chimica, che propose un modello del DNA del tutto errato, fino ad Einstein che elaborò una teoria generale delle forze naturali senza tenere conto della meccanica quantistica”.
Ne emerge così una dimensione della scienza diversa dall’immagine delle scienze esatte in cui crede ancora gran parte dell’opinione pubblica: la ricerca scientifica, in realtà, è una attività profondamente umana, e come tale progredisce solo tramite ipotesi inesatte, errori, tentativi, esperimenti falliti, oltre ad essere caratterizzata da sentimenti come passioni, senso di competizione, che spesso si pensa non appartengano agli scienziati, visto solo come razionali e freddi ricercatori.
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