Una delle questioni tecniche più importanti e probabilmente meno conosciute dal grande pubblico, relativamente alla Sindone, è il modo più opportuno, dal punto di vista fisico e biochimico, per custodirla, e per evitare contaminazioni chimiche o biologiche. Contaminazioni che potrebbero ad esempio sicuramente danneggiare in qualche modo il Sacro Telo, o alterarne le caratteristiche strutturali del tessuto e dell’immagine, e la sua visibilità. Sull’argomento vedi pure SRM.
Ne ha parlato il 27 febbraio 2015 il professor Piero Savarino, membro della Commissione per la conservazione della Sindone, all’Istituto Faà di Bruno di Torino, nella conferenza I giacigli della Sindone: dal rotolo nello scrigno alla teca super-tecnologica. Docente dell’Università degli Studi di Torino e consigliere scientifico del Pontificio Custode della Sindone, Savarino ha raccontato come la Sindone è stata custodita, dal Medioevo ad oggi, dei danni causati da eventi potenzialmente distruttivi verificatisi in questi secoli, che hanno costretto più volte a restaurare la Sindone: dall’incendio nel 1532 nella Sainte Chapelle del castello di Chambery, a quello che più recentemente tra l’11 e il 12 aprile 1997 distrusse la Cappella di Guarino Guarini, a Torino. Ha inoltre descritto le principali e più pericolose problematiche che si pongono a tecnici e scienziati per conservare e preservare il Sacro Telo.
Dalla cassa di metallo in cui era riposta nella Sainte Chapelle, oggi il Telo riposa in una teca ad elevate tecnologie, di derivazione aerospaziale: realizzata da un unico blocco di lega leggera aeronautica, è in questo modo a tenuta stagna. Inoltre è chiusa superiormente da una pesante lastra di cristallo blindato, multistrato. Per impedire contaminazioni chimiche o biologiche, la cassa è stato inoltre saturata con argon, un gas inerte privo di tossicità.
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