C’è un luogo comune che caratterizza il rapporto tra fede e scienza, e che rende difficile lavorare per definire correttamente tale rapporto dal punto di vista filosofico e culturale, soprattutto quando ci si rivolge al grande pubblico: l’idea non tanto che religione e scienze siano tra loro incompatibili, quanto soprattutto che tra scienziati e ricercatori la fede, e qualsiasi forma di religiosità, siano davvero poco diffuse.
In realtà, basterebbe considerare gli innumerevoli casi, nella storia della scienza, di uomini che sono stati allo stesso tempo scienziati e sacerdoti, o che comunque hanno chiaramente espresso la propria fede, cattolici e non. Sicuramente, sono comunque di aiuto in tal senso i numerosi studi sociali (vedi SRM) realizzati in questi ultimi anni, che arrivano a mostrare come la situazione possa invece essere il contrario di ciò che si si aspetta.
Lo mostra ad esempio un nuovo studio internazionale realizzato dal RPLP – Religion and Public Life Program, gruppo di studio su tematiche di religione e vita sociale della Rice University, guidato dalla sociologa Elaine Howard Ecklund. La ricerca, realizzata con interviste tra fisici e biologi, è stata presentata il 3 dicembre 2015 in una mini conferenza, dal titolo A Global Lab: Religion among Scientists in International Context. Ne emerge come ad esempio in Italia circa il 60 per cento degli studiosi sia religioso, il 20 per cento circa agnostico, e solo un altro venti per cento si definisca totalmente ateo.
Organizzato al BioScience Research Collaborative di Houston, Texas, l’evento era articolato in una sessione plenaria, e in altre due sessioni: Tales from the Field, e New perspectives and places in the science and religion dialogue – Nuove prospettive e luoghi nel dialogo tra scienza e religione.
Link studio, Rice University
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