La possibilità che esistano altri esseri viventi nell’universo, è una questione che interroga la scienza, ma che tocca anche la fede dei credenti, oltre che ovviamente l’emotività delle persone. Così all’entusiasmo che può suscitare una tale ipotesi si accompagnano spesso anche dubbi e paure su quale futuro potrebbe derivare da un eventuale incontro con esseri extraterresti.
Il problema prioritario, però, è che “forse la vita nel Cosmo è rara, dopo tutto”, come titola il fisico e divulgatore inglese Paul Davies sul blog di Scientific American, in un articolo pubblicato nel mese di maggio 2016. Famoso anche per le sue ricerche proprio nel campo dell’esobiologia, ovvero lo studio e la ricerca di vita su altri pianeti e corpi celesti al di fuori della Terra, Davies non nega una tale possibilità; pensa però che l’idea che la vita biologica sia molto frequente nell’universo, in realtà “si basi su un presupposto non provato”.
“Quando ero uno studente nel 1960 – scrive – quasi tutti gli scienziati credevano che fossimo soli nell’universo. La ricerca di vita intelligente oltre la Terra era ridicolizzata; avremmo potuto allo stesso modo parlare di un nostro interesse nella ricerca delle fate”.
La ragione principale di tale scetticismo risiedeva nelle scarse probabilità che altrove nel cosmo si ripetano le particolari e uniche coincidenze biologiche e ambientali che consentono alla vita di avere origine e di svilupparsi. Davies cita al proposito il Premio Nobel Francis Crick, il quale nel 1976 scriveva che “le origini della vita attualmente sembrano essere più che altro un miracolo”, anche perché “sono così tante le condizioni che dovrebbero essersi verificate perché essa abbia inizio”.
Certo, continua Davies, oggi ci troviamo in una situazione culturale opposta, e la maggior parte delle persone, scienziati e non, pensano che vi siano certamente forme di vita extraterrestre, da quelle più basilari, a forme più complesse di piante o animali, fino ad eventuali razze di esseri intelligenti che definiamo collettivamente come alieni.
Anzi, “molti importanti scienziati proclamano che l’universo è brulicante di forme di vita, e almeno una parte di esse sono intelligenti” Addirittura, “il biologo Christian de Duve è andato molto oltre – tale idea – definendo la vita un imperativo cosmico“. Allo stesso tempo, “non c’è dubbio che il SETI, il programma scientifico per la ricerca di intelligenza extraterrestre, ha ricevuto un enorme stimolo dalla recente scoperta di centinaia di pianeti extra solari.
In realtà, nonostante la scienza, tra cui discipline come l’astrofisica e l’astronomia e l’esobiologia, siano molto progredite in questi anni, ad oggi non abbiamo ancora prove certe della presenza di vita su altri pianeti. Prove che, secondo Davies, potremmo invece trovare sul nostro stesso pianeta: la sua ardita ipotesi è infatti che” la vita possa avere avuto origine molte volte sul nostro pianeta”.
In tal caso, dovrebbero restare tracce, “almeno microbiche, delle ere in cui la vita si era originata precedentemente, e tali tracce sarebbero tutto intorno a noi, formando una sorta di biosfera ombra”. Sarebbe così teoricamente sufficiente anche un solo microbo alieno, tale per noi ma non per la Terra.
Immagine: cortesia Wikipedia
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