Il Consiglio Nazionale delle Ricerche nelle scorse settimane ha annunciato uno studio internazionale, promosso e finanziato in Gran Bretagna dal Wellcome Trust e Medical Research Council. Realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, e condotta presso le Università di britanniche di Cambridge e Southampton, la ricerca mostrerebbe quanto sia determinante lo sviluppo cerebrale nei disturbi del comportamento sociale.
Questo tipo di grave patologia neuropsichiatrica è “caratterizzato da estrema aggressività, uso ripetuto di armi e droghe e comportamenti menzogneri e fraudolenti”. Lo studio si spera aiuterà a verificare e adeguare le terapie specifiche per questo tipo di patologie, che naturalmente, quando non adeguatamente trattate, peggiorano una volta che i soggetti che ne sono colpiti diventano adulti.
I ricercatori italiani e britannici hanno studiato il cervello di adolescenti affetti da tale disturbo, realizzandone tramite risonanza magnetica delle mappe che mostrano le eventuali anomalie strutturali, rispetto ad altri ragazzi della stessa età che però non soffrono di tali disturbi comportamentali. Con il titolo Mapping the structural organization of the brain in conduct disorder: replication of findings in two independent samples – Mappatura dell’organizzazione strutturale del cervello in disturbi del comportamento: replica dei risultati in due campioni indipendenti, lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Child Psychology and Psychiatry.
“Nello specifico – ha spiegato Luca Passamonti dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del CNR, attualmente ricercatore all’Università di Cambridge – abbiamo studiato lo sviluppo coordinato di numerose regioni del cervello, prendendo in riferimento in particolare lo spessore della corteccia cerebrale”. Passamonti ha anche spiegato che “l’idea alla base dello studio è che le regioni cerebrali che si sviluppano in modo simile abbiano spessori corticali di livello comparabile. Studi precedenti, nostri e di altri gruppi di ricerca, avevano già dimostrato che l’amigdala degli adolescenti con gravi disturbi della condotta sociale presenta anomalie rispetto a quella di soggetti di pari età che non dimostrano tali comportamenti. Tuttavia – ha continuato – ritenevamo troppo semplicistico ricondurre problematiche della condotta così complesse ad anomalie in una singola regione cerebrale, ancorché importante come l’amigdala, e infatti i nostri ultimi dati hanno chiaramente mostrato che il disturbo della condotta sociale coinvolge moltissime regioni del cervello che presentano cambiamenti anatomici di natura complessa e sfaccettata”.
Sono stati esaminati 58 maschi adolescenti, con una età tra 16 e 21 anni, affetti da disturbo della condotta sociale; parallelamente, sono stati esaminati altri 25 adolescenti non affetti da malattie neuropsichiatriche. I due gruppi sono poi stati confrontati con altri 37 individui con disturbo e 32 non affetti dalla patologia, con età tra 13 e 18 anni, reclutati all’Università di Southampton.
Gli studiosi hanno verificato che i giovani con disturbo del comportamento presentavano “un elevato numero di correlazioni nella corteccia cerebrale che potrebbe dipendere da anomalie dello sviluppo, cioè da una ridotta perdita di spessore della corteccia che normalmente si osserva con gli anni”. Allo stesso tempo “I giovani con disturbo che emerge durante l’adolescenza presentavano un minor numero di tali correlazioni e questo potrebbe riflettere uno specifico problema di sviluppo, ad esempio l’incapacità di selezionare le connessioni simpatiche più forti e durature”.
Graeme Fairchild, del Dipartimento di psicologia dell’Università di Southampton, ha così commentato i risultati dello studio: “Le differenze che abbiamo riscontrato dimostrano che gran parte del cervello è coinvolto in questa malattia neuropsichiatrica. Il disturbo della condotta sociale è un reale problema cerebrale e non, come alcuni ancora sostengono, semplicemente una forma di esagerata ribellione alle regole della società. I risultati dimostrano anche che ci sono differenze cerebrali molto significative tra gli individui che sviluppano tale disturbo nella fanciullezza o durante l’adolescenza”.
Un altro componente del gruppo di studio, Nicola Toschi, docente in fisica applicata all’Università di Roma Tor Vergata, ha spiegato come fosse a dir poco prevedibile un tale risultato: “non c’è stato mai alcun dubbio che malattie come l’Alzheimer siano dipendenti da gravi disturbi del cervello soprattutto perché le metodiche di risonanza magnetica ci hanno sempre permesso di visualizzare tali danni, anche nei singoli pazienti. Tuttavia, prima del nostro studio, non eravamo stati mai in grado di visualizzare in modo chiaro le diffuse anomalie anatomiche che sono presenti nel cervello degli adolescenti con il disturbo della condotta sociale”.
Mentre Ian Goodyer, del Dipartimento di psichiatria dell’Università di Cambridge, si è dichiarato fiducioso sulle opportunità terapeutiche che potranno derivare da questo tipo di studi: “ora che siamo capaci di produrre una mappa delle anomalie nell’intero cervello degli adolescenti con disturbo della condotta sociale – ha affermato – potremmo, in un futuro non troppo lontano, vedere se le terapie disponibili siano capaci di influenzare la maturazione del cervello e di ridurre tali comportamenti”.
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