Avevo quasi 4 anni, quella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969 in cui cambiò la storia dell’esplorazione spaziale, e da un certo punto di vista cambiammo tutti noi. Con la consapevolezza che grazie alla scienza, alla tecnologia e al coraggio, gli uomini potevano veramente partire “alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessuno è mai giunto prima”, e realizzare con il tempo un futuro che potevamo vedere e immaginare solo in Star Trek, da cui è presa la citazione, o in altre serie televisive, film o libri di fantascienza.
Più che notte, dovrei parlare di alba, almeno per noi italiani, visto che Neil Armstrong, comandante della missione Apollo 11, posò il primo piede umano sul suolo lunare solamente alle 5.56, ora italiana. Ma per un evento di tale importanza, mai visto prima, svegliarsi per fare l’alba a guardarlo in diretta insieme a tutto il resto del mondo era lecito, forse pure doveroso, anche per i bambini.
Armstrong era partito il 16 luglio con Edwin Buzz Aldrin e Michael Collins, a bordo del gigantesco razzo Saturn V dal Kennedy Space Center. Dopo il distacco dal vettore, erano arrivati nell’orbita del nostro satellite a bordo del modulo comando, dove era poi rimasto Michael Collins, mentre Armstrong e Aldrin con il Modulo Lunare LM effettuavano il primo allunaggio e posavano per primi i piedi sul suolo lunare.
Dopo ci furono altre sei missioni Apollo, tutte con eguale successo, tranne la 13, in cui gli astronauti rischiarono seriamente di morire a causa dell’esplosione del serbatoio dell’ossigeno. Dimostrando comunque che tecnici e piloti della NASA potevano gestire imprevisti tecnici gravissimi, e sopravvivere, come poi fece l’equipaggio, rinunciando ovviamente all’allunaggio, ma tornando sulla Terra a bordo del Modulo Lunare.
Un disastro e una tragedia evitati, conosciuti dai più giovani grazie al film Apollo 13 del regista Ron Howard, con Tom Hanks, Ed Harris, Kevin Bacon, Gary Sinise, Bill Paxton. Un evento identificato nella frase “Houston abbiamo un problema”, che cita quasi testualmente l’eufemistica frase con cui il pilota Jack Swigert annunciò al controllo missione a terra il grave danno che si era verificato.
Le missioni successive si svolsero e si conclusero tutte positivamente, fino all’ultima, la 17, nel 1972. Da allora, l’uomo non è più tornato fisicamente sulla Luna: ha mandato sonde, alcune in orbita, altre a percorrere e studiare il suolo lunare. In attesa che si realizzino i progetti a cui stanno lavorando gli Stati Uniti, la Russia, l’Europa con l’ESA e anche la Cina. Progetti che prevedono anche la creazione di basi e avamposti in cui vivranno i nuovi astronauti, per esplorare e studiare più approfonditamente il nostro satellite, e sfruttarne le risorse.
Nell’immagine, cortesia NASA, Buzz Aldrin sulla superficie lunare, Missione Apollo 11.
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