L’8 gennaio del 1642, all’età di 78 anni, il grande scienziato toscano, padre del moderno metodo scientifico e simbolo dell’equilibrio, a volte difficile, tra religione e ricerca scientifica, tra fede e ragione, moriva nella propria villa di Arcetri. Galilei vi era stato confinato dopo il famoso processo e la condanna da parte del Sant’Uffizio. Condanna dovuta sia alla sua volontà di non mediare tra la teologia della propria epoca e le moderne tesi copernicane che sosteneva dogmaticamente prima ancora che fossero del tutto dimostrate, sia al suo atteggiamento ambiguo in tal senso prima e durante il processo, sia indubbiamente al periodo storico e culturale in cui viveva.
Lo ho spiegato, tra gli altri, Papa Giovanni Paolo il 31 ottobre del 1992 nel discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, in cui ha anche ammesso le responsabilità della Chiesa: “se la cultura contemporanea è segnata da una tendenza allo scientismo – ha affermato – l’orizzonte culturale dell’epoca di Galileo era unitario e recava l’impronta di una formazione filosofica particolare. Questo carattere unitario della cultura, che è in sé positivo e auspicabile ancor oggi, fu una delle cause della condanna di Galilei. La maggioranza dei teologi non percepiva la distinzione formale tra la Sacra Scrittura e la sua interpretazione, il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca scientifica.”
Anche il caso Galileo, spiegò il pontefice nello stesso nel discorso, può però avere un effetto positivo, in quanto caso da cui “trarre un insegnamento che resta d’attualità in rapporto ad analoghe situazioni che si presentano oggi e possono presentarsi in futuro”, e che costituisca quindi un monito e una guida ideale per analizzare e valutare il rapporto tra fede e scienza, e le situazioni in cui queste due differenti interpretazioni della realtà dovranno nuovamente confrontarsi, e reciprocamente convergere o divergere. L’errore che fece la Chiesa, fu sicuramente di non comprendere che le Sacre Scritture non dovevano né potevano essere interpretate in senso letterale; e la scienza, la filosofia e la teologia, oltre a non utilizzare gli stessi metodi per capire e interpretare la realtà, possono portare a conclusioni differente, se non opposte tra loro.
Gli errori di Galileo furono il non comprendere, a propria volta, le esigenze teologiche e culturali della Chiesa; l’avere invece un atteggiamento dogmatico senza volontà di mediazioni: la teoria copernicana e eliocentrica, che tra l’altro non era ancora stata dimostrata senza possibilità di confutazioni, per lui era già certa, assoluta, e non poteva essere considerata una semplice ipotesi scientifica, potenzialmente valida come altre fino alle prove definitive; un atteggiamento quindi anche di plateale sfida alla Chiesa e ai suoi inquisitori: l’allora Pontefice Urbano VIII e il Cardinale Bellarmino. Tranne poi negare opportunisticamente tale atteggiamento, quando aveva capito che la situazione volgeva al peggio, e sottoscrivere il 22 giugno del 1633 l’abiura della teoria copernicana davanti alla Santa Inquisizione.
Fisico, astronomo, matematico, filosofo, professore universitario: nato a Pisa il 15 febbraio del 1564, Galilei è stato uno dei fondatori della scienza moderna, e del moderno metodo scientifico. Importantissimi i suoi studi sul tempo e sui metodi per misurarlo; l’utilizzo del telescopio per le osservazioni astronomiche; i suoi studi di ottica che lo hanno portato a perfezionare di tale strumento, tramite il quale ha scoperto anche Callisto, Europa, Ganimede, Io, lune del pianeta Giove. Tra e sue opere più importanti possiamo ricordare il Sidereus Nuncius, pubblicato nel 1610; il suo opuscolo del 1613 Istoria e dimostrazioni intorno alle Macchie Solari; Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, del 1632; il trattato del 1638 Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la mecanica e i moti locali.
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