Giovedì 8 giugno 2017 è stata celebrata, con eventi in tutto il mondo la World Oceans Day. Il motto scelto per questa edizione è Our oceans, our future – I nostri oceani, il nostro futuro . Questo evento internazionale, che vuole sensibilizzare cittadini, decisori istituzionali, studiosi, imprenditori, verso la tutela dei nostri oceani, e la loro importanza per le nostre vite e il nostro benessere e per l’ecosistema del pianeta Terra, è stato ufficialmente riconosciuto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 2008.
In realtà la Giornata Mondiale degli Oceani è nata molto prima, nel 1992, quando due organizzazioni canadesi, il Centro Internazionale per lo Sviluppo degli Oceani – ICOD, e l’Istituto Oceanografico del Canada – OIC, proposero l’idea di una giornata ricorrente in difesa degli Oceani all’Earth Summit, Conferenza ONU sull’ambiente e lo sviluppo, che si svolgeva a Rio de Janeiro, Brasile
Come si legge sul sito ufficiale dell’iniziativa, “Ogni anno l’8 giugno, i decisori, gli scienziati, l’industria e la società civile si confrontano per promuovere una relazione più sostenibile e rispettosa tra l’umanità e il gioiello della corona del nostro pianeta: l’oceano”. Quando pensiamo che la nostra il 71% della superficie della Terra è ricoperto dagli oceani, che questi ci danno circa il 50% dell’ossigeno che respiriamo, e allo stesso tempo assorbono e trasformano circa il 26% dell’anidride carbonica che produciamo, appare ovvio quanto gli oceani stessi siano importanti, e necessari per la nostra sopravvivenza.
Oltre a ciò, assicurano una fonte costante di cibo agli esseri umani e alla fauna e flora marine. Perché continuino a farlo, è però necessario proteggerli dall’inquinamento, e attuare una gestione sostenibile delle attività umane. Della pesca, razionalizzando metodi, periodi e quantità in modo da preservare e anzi accrescere le quantità di pesci e altri animali marini.
Dello sfruttamento delle risorse naturali, come ad esempio petrolio e gas metano, evitando sversamenti e altre forme di inquinamento, e l’utilizzo non sicuro di tecniche come il fracking. Della navigazione a fini turistici o commerciali e industriali, che possono essere una grave fonte di inquinamento: ad esempio per i rischi di incidenti e naufragi di petroliere o di navi che trasportino altri prodotti dannosi per l’ambiente; oppure per gli sversamenti in mare e altre operazioni come il lavaggio di cisterne.
Per ottenere ciò, per preservare quella che è la risorsa più preziosa, indispensabile alla vita, sono quindi necessari interventi istituzionali e legislativi, regole certe e rispettate dalle industrie ittiche e da tutte le altre imprese che sfruttano il mare, o lo usano per navigare, e un cambiamento di atteggiamento e una maggiore consapevolezza anche da parte dei semplici cittadini, con un approccio di rispetto e di difesa dell’ambiente nel quale e grazie al quale vivono.
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