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News 2017, News giugno 2017

Fake News e Lavoro: arrivare a Sentenza non vuol dire rinunciare

sentenza

sentenzaUn ricorso in Tribunale non è mai per un dipendente una scelta semplice, né qualcosa da intraprendere a cuor leggero: sancisce la involontaria rottura di uno sperato equilibrio con l’azienda; è vissuto spesso come un fallimento personale e professionale; comporta oneri economici e di tempo notevoli, stress, ansia e paure per le possibili decisioni e valutazioni dei Giudici; la triste consapevolezza che inizia una nuova forma di relazione con l’azienda, che probabilmente non potrà che essere, anche in futuro, conflittuale.

Proprio per tali ragioni, solitamente un dipendente difficilmente arriva a contenziosi con la propria azienda, anche quando ha forti ragioni dalla propria parte. A meno che ovviamente non sia stato licenziato, o sia sul punto di esserlo: in tal caso l’azione legale è parte di una lotta per recuperare o conservare il proprio lavoro. Soprattutto in Italia, dove trovare un altro posto di lavoro, soprattutto per chi supera i quarant’anni, è una chimera.

Per le aziende invece le cause di lavoro sono una attività burocratica, un evento come un altro, che in imprese che gestiscono dipendenti e collaboratori come numeri, diventano solo un ulteriore numero: processo o processi da gestire, dal punto di vista giuridico e procedurale, che per una grande azienda portano pure a perdite economiche minime. Nel caso poi in cui ci si voglia liberare di uno o più dipendenti, sono spesso viste come un momento necessario per arrivare a tale obiettivo.

Proprio sulle cause di lavoro, spiega un articolo su Fede e Ragione, capita spesso di leggere o ascoltare imprecisioni, se non vere e proprie fake news, o bufale più o meno volontarie. Da quelle che definiscono gli equilibri tra aziende e dipendenti in modi irreali, quasi fossero alla pari anziché enormemente a sfavore del lavoratore.

Oppure che una azienda possa perdere in giudizio pur avendo in realtà ragione, come se i Giudici fossero comunque pro lavoratori ad oltranza, e a prescindere dalle verità processuali. O che addirittura vi siano Sentenze determinate da presunte rinunce aziendali, come se dopo aver costretto il dipendente ad intraprendere un percorso processuale, abbiano improvvisamente capito di aver sbagliato: per ragioni etiche, o di immagine e reputazione, chissà.

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