Era il 31 ottobre del 1992, quando Papa Giovanni Paolo II, nel suo discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, ammetteva pubblicamente gli errori compiuti nel caso dello scienziato toscano, e ne spiegava la ragione. “Se la cultura contemporanea – affermava l’allora Pontefice – è segnata da una tendenza allo scientismo, l’orizzonte culturale dell’epoca di Galileo era unitario e recava l’impronta di una formazione filosofica particolare. Questo carattere unitario della cultura, che è in sé positivo e auspicabile ancor oggi, fu una delle cause della condanna di Galilei”.
Papa Giovanni Paolo spiegava così che in quel periodo storico scienza e teologia, fede e cultura, coincidevano, e come tali non potevano discordare reciprocamente: “La maggioranza dei teologi – affermava infatti – non percepiva la distinzione formale tra la Sacra Scrittura e la sua interpretazione, il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca scientifica.”
Ma il caso Galileo da un certo punto di vista è stato anche positivo, perché ci ha dato “un insegnamento che resta d’attualità in rapporto ad analoghe situazioni che si presentano oggi e possono presentarsi in futuro”. Ci ha mostrato quali sono i rischi del conflitto tra fede e scienza, e quale sia il modo più corretto per comprendere tale conflitto e evitarlo anzitempo, di fronte a nuove questioni scientifiche e teologiche.
Ovvero considerando scienza e religione come due differenti e complementari domini di conoscenza, due differenti modi di conoscere e interpretare noi esseri umani, il nostro modo e l’universo in cui viviamo. Ciascuno, scienza e teologia, con le proprie competenze e i propri limiti. E capendo che le Sacre Scritture non possono essere interpretate in modo letterale quando ad esempio confliggono con eventuali certezze scientifiche sperimentali, o con teorie scientifiche più probabili e adeguate.
Nel caso Galileo, l’errore che fece la Chiesa fu di considerare verità assoluta l’interpretazione letterale della Bibbia, e il non voler accettare dogmaticamente una teoria che contraddiceva tale interpretazione. Allo stesso tempo, Galileo commise invece l’errore di non voler mediare la propria esigenza di verità scientifica, con le esigenze teologiche, culturali e politiche della Chiesa di quel periodo. Con un atteggiamento ugualmente dogmatico, che rifiutava di considerare la teoria eliocentrica come una ipotesi scientifica.
Lo scorso anno, il 2016, sono stati celebrati i quattrocento anni dal Processo a Galileo, e dal Decreto della Congregazione dell’Indice che sospendeva la pubblicazione del De revolutionibus Orbium Coelestium di Niccolò Copernico, sostenitore dell’ipotesi di un sistema solare eliocentrico, in cui la Terra orbita attorno al Sole.
Lascia una risposta
Devi essere connesso per inviare un commento.