Definito il Leonardo Da Vinci russo, è stato un esempio di come religione e scienze possano dialogare e completarsi vicendevolmente, e di come il senso etico religioso siano più forti di qualsiasi avversità o pericolo, fino a spingere al martirio. Matematico, filosofo della scienza, teologo, sacerdote ortodosso, Pavel Aleksandrovic Florenskji è morto tragicamente l’8 dicembre del 1937 a Leningrado. Morte per fucilazione, a soli 55 anni di età, lasciando una moglie e cinque figli, e potendo scegliere tra la pena capitale e l’esilio, che era stato offerto a lui e alla sua famiglia dalle autorità sovietiche.
Florenskji aveva però preferito il martirio, come modo per affermare la verità e la propria fede. Era nato il 9 gennaio del 1882 a Evlach, nella regione del Caucaso, ponte tra l’Europa e l’Asia. A contatto con la natura e le sue amate montagne, in una regione tra il Mar Caspio e il Mar Nero, aveva imparato la bellezza del mondo, la sua sacralità, e il suo mistero, il mistero della creazione. Che accresceva la sua fede e creava in lui un senso di stupore, che però non lo spaventava, né lo portava a rifugiarsi nella sola razionalità come spesso accade negli uomini moderni.
Generava invece in lui la volontà di studiare la scienza e la natura, per conoscere meglio e capire, per quanto possibile, la creazione di Dio. Aveva quindi intrapreso gli studi universitari in matematica, laureandosi nel 1904. Subito dopo si era iscritto alla Facoltà Teologica, presso il monastero della Trinità di San Sergio a Sergiev Posad. Si era così dedicato a studiare intensamente tra l’altro la logica simbolica, la storia della filosofia, la mistica, la lingua ebraica. Tra le sue opere possiamo citare Sulla superstizione e il miracolo, tradotto e pubblicato per la prima volta in Italia nel 2014 dalla casa editrice Studio Editoriale .
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