Così il Santo Padre nell’Omelia odierna per la Celebrazione della Domenica delle Palme, in Piazza San Pietro. Il Pontefice, citando in brano del Vangelo in cui “Gesù entra in Gerusalemme”, ha condannato con forza tutti coloro che non hanno scrupoli, che manipolano la realtà a proprio vantaggio, con maldicenze, intrighi e calunnie. Coloro che truccano la realtà, come è avvenuto con Gesù, che i farisei hanno falsamente fatto apparire persino come se fosse “un malfattore”. Allo stesso tempo chiedendo ai giovani di non tacere, di non essere “silenziosi e invisibili”. E di farlo, in nome della verità e della Giustizia, prima che sia troppo tardi, “prima che gridino le pietre”.
“Gesù – spiega il Papa nell’omelia – entra in Gerusalemme. La liturgia ci ha invitato a intervenire e partecipare alla gioia e alla festa del popolo che è capace di gridare e lodare il suo Signore; gioia che si appanna e lascia un sapore amaro e doloroso dopo avere finito di ascoltare il racconto della Passione”. Così, nella celebrazione della Domenica delle Palme “sembrano incrociarsi storie di gioia e di sofferenza, di errori e di successi che fanno parte del nostro vivere quotidiano come discepoli”. Questa festa è quindi simbolica e ci trasmette un profondo insegnamento perché, spiega il Santo Padre, “riesce a mettere a nudo sentimenti e contraddizioni che oggi appartengono spesso anche a noi, uomini e donne di questo tempo: capaci di amare molto… e anche di odiare molto; capaci di sacrifici valorosi e anche di saper lavarcene le mani al momento opportuno; capaci di fedeltà ma anche di grandi abbandoni e tradimenti”.
Anche perché, come mostra lo stesso brano del Vangelo, la stessa “gioia suscitata da Gesù è per alcuni motivo di fastidio e di irritazione”. In un modo che può sembrare paradossale, ma che appartiene purtroppo a molte persone, che provano fastidio verso la gioia degli altri, e persino verso il bene e verso l’onestà di quelle che giustamente consideriamo brave persone, così come è avvenuto persino per Gesù. Papa Francesco continua nel proprio discorso ricordando Cristo che “entra in città circondato dalla sua gente, circondato da canti e grida chiassose”.
Una scena e una immagine che ci fanno pensare che quelle voci siano quella “del figlio perdonato, quella del lebbroso guarito, o il belare della pecora smarrita che risuonano forti in questo ingresso, tutti insieme”. A cui si aggiunge “il canto del pubblicano e dell’impuro”, così come “il grido di quello che viveva ai margini della città” e di tanti uomini e donne che hanno seguito Gesù “perché hanno sperimentato la sua compassione davanti al loro dolore e alla loro miseria” E tra le voci si senta pure “il canto e la gioia spontanea di tanti emarginati che, toccati da Gesù, possono gridare: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»”.
Di fronte a tutto ciò, spiega il Santo Padre, “Come non acclamare Colui che aveva restituito loro la dignità e la speranza ?” Questa “è la gioia di tanti peccatori perdonati che hanno ritrovato fiducia e speranza. E questi gridano. Gioiscono. È la gioia”. Una gioia che però paradossalmente “risulta scomoda e diventa assurda e scandalosa per quelli che si considerano giusti e fedeli alla legge e ai precetti rituali”. I tanti ipocriti e farisei, così simili agli ipocriti e farisei della società moderna, che mostrano, dichiarano e ostentano virtù, valori e sensibilità che in realtà sono solo squallidamente apparenti. Persone che “hanno bloccato la sensibilità davanti al dolore, alla sofferenza e alla miseria”, e che trovano questa gioia “insopportabile”.
E che giustificano la propria acrimonia, cattiveria e ipocrisia, pensando: Guarda che popolo maleducato ! Perché questa gioia, spiega il Pontefice, diventa “intollerabile per quanti hanno perso la memoria e si sono dimenticati di tante opportunità ricevute. Com’è difficile comprendere la gioia e la festa della misericordia di Dio per chi cerca di giustificare sé stesso e sistemarsi! Com’è difficile poter condividere questa gioia per coloro che confidano solo nelle proprie forze e si sentono superiori agli altri !” E questo atteggiamento è ancora più grave, perché si accresce negli ipocriti e nei farisei, fino ad arrivare a chiedere e giustificare l’ingiustificabile e l’immotivabile: la condanna e la crocifissione di Gesù.
Così, spiega Papa Francesco “nasce il grido di colui a cui non trema la voce per urlare: Crocifiggilo ! Non è un grido spontaneo, ma il grido montato, costruito, che si forma con il disprezzo, con la calunnia, col provocare testimonianze false. È il grido che nasce nel passaggio dal fatto al resoconto, nasce dal resoconto. E’ la voce di chi manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a incastrare altri per cavarsela. Questo è un – falso – resoconto. Il grido di chi non ha scrupoli a cercare i mezzi per rafforzare sé stesso e mettere a tacere le voci dissonanti. È il grido che nasce dal truccare la realtà e dipingerla in maniera tale che finisce per sfigurare il volto di Gesù e lo fa diventare un malfattore. È la voce di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi. È il grido fabbricato dagli “intrighi” dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia che proclama senza problemi: “Crocifiggilo, crocifiggilo!”.
Con questi modi ipocriti, oggi come allora “si fa tacere la festa del popolo, si demolisce la speranza, si uccidono i sogni, si sopprime la gioia; così alla fine si blinda il cuore, si raffredda la carità”. Ci si rifugia nel “grido del salva te stesso che vuole addormentare la solidarietà, spegnere gli ideali, rendere insensibile lo sguardo… Il grido che vuole cancellare la compassione, quel patire con, la compassione, che è la debolezza di Dio”. Come si può fronteggiare e neutralizzare queste ipocrisie, queste farisei che vogliono portarci a perdere la compassione e la speranza, e a diventare cinici come loro ?
Lo spiega Papa Francesco: “di fronte a tutte queste voci urlate, il miglior antidoto è guardare la croce di Cristo e lasciarci interpellare dal suo ultimo grido. Cristo è morto gridando il suo amore per ognuno di noi: per giovani e anziani, santi e peccatori, amore per quelli del suo tempo e per quelli del nostro tempo. Sulla sua croce siamo stati salvati affinché nessuno spenga la gioia del vangelo; perché nessuno, nella situazione in cui si trova, resti lontano dallo sguardo misericordioso del Padre”. Il crocifisso allo stesso tempo ci interroga e ci risponde, e da un significato alla nostre vite.
Perché, continua nell’omelia il Santo Padre, “guardare la croce significa lasciarsi interpellare nelle nostre priorità, scelte e azioni. Significa lasciar porre in discussione la nostra sensibilità verso chi sta passando o vivendo un momento di difficoltà”. Papa Francesco chiede quindi ai fedeli quale sia il loro atteggiamento verso sé stessi, verso Gesù, e verso i propri prossimi: “Fratelli e sorelle, che cosa vede il nostro cuore ? Gesù continua a essere motivo di gioia e lode nel nostro cuore oppure ci vergogniamo delle sue priorità verso i peccatori, gli ultimi, i dimenticati ?” Il pensiero del Santo Padre, come dicevamo all’inizio dell’articolo, si è rivolto quindi ai giovani, che hanno la possibilità e il dovere di superare le ipocrisie, le menzogne e le meschinità a cui adulti e anziani non hanno la forza o il coraggio di rispondere.
“E a voi, cari giovani – afferma infatti Papa Francesco – la gioia che Gesù suscita in voi è per alcuni motivo di fastidio e anche di irritazione, perché un giovane gioioso è difficile da manipolare. Un giovane gioioso è difficile da manipolare !” Vi è però, spiega il pontefice, “la possibilità di un terzo grido”, come quello di cui parla Gesù rispondendo ai farisei: «Alcuni farisei tra la folla gli dissero: “Maestro, rimprovera i tuoi discepoli”; ed Egli rispose: “Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”» Lc 19, 39 – 40. Perché non far parlare “i giovani è una tentazione che è sempre esistita”, lo mostrano gli stessi farisei che “se la prendono con Gesù e gli chiedono di calmarli e farli stare zitti”.
Allora, come oggi, “ci sono molti modi per rendere i giovani silenziosi e invisibili. Molti modi di anestetizzarli e addormentarli perché non facciano rumore, perché non si facciano domande e non si mettano in discussione”, accettando le regole scritte e non scritte della società, le ipocrisie, le calunnie, le diffamazioni di cui parla Papa Francesco nell’omelia, i ruoli obbligati e senza sogni e speranze in cui la società stessa vuole confinare loro e tutti coloro che non hanno la stessa ipocrisia. “Ci sono molti modi – spiega il Pontefice – di farli stare tranquilli perché non si coinvolgano e i loro sogni perdano quota e diventino fantasticherie rasoterra, meschine, tristi”.
Proprio per questo, nel nostro tempo e nella ricorrenza della “Domenica delle Palme, celebrando la Giornata Mondiale della Gioventù, ci fa bene ascoltare la risposta di Gesù ai farisei di ieri e di tutti i tempi, anche quelli di oggi: «Se questi taceranno, grideranno le pietre» Lc 19, 40. Papa Francesco affida quindi ai giovani “la decisione di gridare”, del proclamare “l’Osanna della domenica così da non cadere” nella tentazione e nella trappola del “crocifiggilo !”. Ai giovani il Santo Padre lancia un appello dicendo di “non restare zitti. Se gli altri tacciono, se noi anziani e responsabili – tante volte corrotti – stiamo zitti, se il mondo tace e perde la gioia, vi domando: voi griderete ? Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre”.
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