L’equilibrio tra scienza e religione di un neuroscienziato di Stanford
Fede e scienza per William Newsome non sono in contrapposizione: sono entrambe parte integrante e necessaria della sua vita, senza dubbi o conflitti. Newsome ha recentemente raccontato a Stanford News come è diventato uno scienziato, e come ciò si accordi con l’essere un credente. Spiegando anche come, a suo avviso, il conflitto tra religione e scienza sia immaginario, o al limite frutto di un modo di pensare, o di pregiudizi culturali. Nato a Live Oak, Florida, Stati Uniti il 5 giugno del 1952 è un neurobiologo di fama internazionale, membro della National Academy of Sciences. Lavora alla Stanford University, dove ha creato e dirige l’Istituto di Neuroscienze.
Sulla propria pagina ufficiale, sul sito della Stanford University, si legge che la sua attività di ricerca è mirata a “capire i processi neuronali che mediano la percezione visiva e il comportamento visivamente guidato.” Nell’intervista spiega di non avere mai ricevuto pressioni dai genitori – che definisce “ortodossi credenti cristiani” – per il suo interesse per lo studio della scienza. Ricorda anzi di “aver cercato fossili con il padre” da bambino. E di come suo padre fosse ad esempio “particolarmente interessato a nuove scoperte paleontologiche sulle origini dell’uomo e degli ominidi”.
Aveva quindi potuto coltivare “un sano interesse sia nella scienza che in questioni di fede religiosa”. Quanto ai possibili conflitti o tensioni tra fede e scienza, vede due possibili modi in cui si possono verificare. Il primo, che considera “una falsa pista, afferma che le scoperte della scienza rendono insostenibile la fede religiosa”. Una affermazione insostenibile, falsa e strumentale. Per Newsome infatti “la maggior parte delle scoperte scientifiche sono aperte ad una visione del mondo religiosa”. Come esempio immediato cita le teoria del Big Bang. Che mostra “che il nostro universo non è esistito per sempre, che c’è stato un momento in cui è iniziato”. In un modo quindi “molto coerente con la nozione di creazione nelle prime storie della Genesi”.
L’evoluzione vista tra fede e scienza
Nell’intervista Newsome cita anche un classico elemento di ipotetico conflitto tra teorie scientifiche e teologia: l’evoluzione. Perché spesso i credenti pensano che, dal momento che la fede e la religione ci parlano della creazione da parte di Dio, che questa sia incompatibile con l’evoluzione. Un’evoluzione che, anche nel caso sia intenzionale “dipende da mutazioni casuali ed eventi casuali, quindi come può tutto ciò che dipende dalla casualità essere intenzionale ?” Però le vere tensioni tra ricerca scientifica e religione, per Newsome “sono le abitudini mentali nella scienza e le abitudini mentali nella religione”.
Così ad esempio “nella scienza, vogliamo che tutto sia oggettivo, quindi se faccio un esperimento correttamente nel mio laboratorio può essere replicato in qualsiasi parte del mondo”. Allo stesso tempo, “nella religione, cerchiamo il significato, e cerchiamo di costruire e percepire modelli di significato nelle nostre vite”. Anche nella fede “c’è un po ‘di obiettività”, però “è molto più dipendente dall’intuizione, molto più dipendente dai sentimenti a livello di pancia”. Per Newsome un aiuto importante nel tenere in equilibrio scienza e fede può derivare dal parlarne e confrontarsi nelle comunità di fedeli. Link intervista originale, Stanford News.
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