Il britannico John Polkinghorne è uno degli esempi più noti di come uno scienziato possa essere anche un credente. E armonizzando religione e ricerca scientifica possa essere un uomo più completo, in equilibrio tra scienza e fede. Non scisso in un dualismo irriducibile, come sostengono filosofi e intellettuali ateisti. Polkinghorne è infatti uno scienziato, un filosofo e un teologo, e come tale indaga proprio le connessioni reciproche tra scienza e teologia.
Ne parla anche in questo libro, Faith, science and understanding – Fede, scienza e comprensione. Nel volume, pubblicato da Yale university press, spiega come credere in Dio non sia un ostacolo per uno scienziato. E come al contrario la fede possa aiutare a capire meglio anche la scienza. Come docente e dirigente accademico, Polkinghorne sostiene l’importanza dello studio universitario della teologia, che come la scienza ci aiuta a capire la verità.
Nel volume Polkinghorne vuole dimostrare la possibilità di riconciliare scienza e fede. E affronta due concetti fondamentali: l’auto limitazione divina di Dio nella creazione , il suo rapporto con il tempo, e la realtà del tempo stesso. E ci parla anche del dibattito tra scienza fede, anche grazie alle opere di Paul Davies, Wolfhart Pannenberg e Thomas Torrance. Nato il 16 ottobre del 1930 a Weston super Mare, cittadina del Somerset, Inghilterra, Polkinghorne nel 1982 è anche diventato pastore anglicano.
Dal 1968 al 1979 è stato professore di matematica all’università di Cambridge, e dal 1988 al 1996 presidente del Queens College di Cambridge. Fellow della Royal Society, è stato Insignito dell’Ordine dell’Impero Britannico. Dean Nelson e Karl Giberson gli hanno dedicato il libro Quantum Leap. Gli autori spiegano che intellettuali come Polkinghorne possono “insegnarci che la scienza e la fede”, anzichè “escludersi l’un l’altra”, possono essere reciprocamente complementari. Fonte e immagine: Google Books.
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