Affrontare e gestire i cambiamenti climatici è una questione che riguarda la scienza quanto la fede.
Scienziati, esponenti religiosi, cittadini credenti e non, sono ugualmente coinvolti in quelle che saranno le conseguenze degli attuali cambiamenti climatici. E nella necessità di affrontarli e contrastarli. Se ne è parlato questa settimana in Alabama, nella conferenza Faith, Science and Climate Action. Fede, scienza e azioni sui cambiamenti climatici.
Parte di un percorso di eventi itineranti nel sud est degli Stati Uniti, l’incontro si è svolto giovedì 26 giugno 2019 al Daniel Payne Centre di Birmingham. Gli organizzatori si propongono di informare i cittadini e di confrontarsi con la comunità scientifica, in una regione pesantemente colpita dal riscaldamento globale. La ragione sono la scarsità di risorse economiche, una economia basata per decenni sul carbone, e la presenza di numerose discariche statali.
Per il reverendo Michael Malcolm, direttore esecutivo di Alabama Interfaith Power and Light, scienziati e leader religiosi “hanno ognuno qualcosa da imparare dall’altro”. Scienza e fede, ha spiegato Malcolm, possono unirsi “per aiutarci a ottenere un impatto sociale e politico più forte, e dare maggior potere alla verità”. Perché è necessario che “sia la politica, sia le persone, si adattino a ciò che sta accadendo nel nostro pianeta, e lavorino per renderlo migliore”.
Il reverendo Malcolm ha sottolineato l’errore di una mancanza di dialogo, o peggio di un contrasto, tra fede e scienza. E la perdita di opportunità di crescita sociale e culturale che può invece derivare da un confronto dialogante e sincero. Spiegando che è giusto per un credente rifiutare il presunto conflitto tra scienze e religione. Anzi è giusto “accettare la validità della scienza, e contribuire così a rendere la propria fede più matura e consapevole”.
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