Il premier britannico Boris Johnson questa settimana ha nuovamente confermato la brexit alla fine di questo mese.
Decisioni divise Tre anni dopo che il Regno Unito ha votato per lasciare l’Unione europea – e nonostante una Durante il congresso a Manchester della propria compagine politica, Johnson ha infatti affermato: “usciremo dall’Europa il 31 ottobre, succeda quel che succeda”. Non possiamo prevedere ad oggi se la Brexit sarà “no deal” o se ci sarà un accordo con l’Unione Europea. Dal nostro punto di vista, è interessante però capire come l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, e i cambiamenti amministrativi che ne derivano per i lavoratori non britannici, influenzino in qualche modo la scienza e la ricerca. Riducendone qualità e efficienza.
È indubbio infatti che le nuove e più restrittive normative renderanno più difficile lavorare nel Regno Unito: previsti ad esempio contingenti annuali di non oltre 100 mila stranieri l’anno, tra i quali rientreranno quindi i cittadini dell’Unione Europea. Inoltre i visti di lavoro saranno limitati ad un anno, tranne per lavoratori con alte specializzazioni di specifico interesse per la Gran Bretagna. In questo caso, con la condizione di dimostrare di avere un salario garantito di minimo 30mila sterline all’anno, potranno avere un visto della durata di 5 anni.
Con tali limiti, appare ovvio che scienziati e ricercatori dovranno superare alcune difficoltà per poter lavorare e studiare nel Regno Unito. Difficoltà che potrebbero essere insormontabili non raggiungendo il salario limite annuale di 30mila sterline, o per specializzazioni particolari o che risultino non così necessarie o interessanti per il sistema scientifico e economico della Gran Bretagna. Considerando inoltre che la partecipazione a studi e progetti scientifici che superino la fatidica durata dei cinque anni potrebbe essere impossibile. O destinata ad interrompersi al superamento di tale periodo.
L’inchiesta di Science racconta le storie di cinque ricercatori dopo il voto sulla Brexit. Spiegando che sono già diminuite le collaborazioni di ricercatori stranieri e con istituzioni scientifiche UE.
Di tali questioni parla ad esempio in questi giorni un articolo di Science: Split decisions, di Erik Stokstad. Che racconta l’impatto della Brexit sulla vita e la ricerca di cinque scienziati. Spiegando che “per alcuni ricercatori, Brexit ha già messo a dura prova le loro vite e la loro attività scientifica”. Dallo scorso anno infatti “i ricercatori del Regno Unito sono stati coinvolti in un numero considerevolmente inferiore di progetti di ricerca dell’UE rispetto all’anno precedente il voto sulla Brexit”. Sono inoltre diminuite ad esempio le collaborazioni scientifiche con istituti di ricerca dell’Unione Europea.
“Gli inviti a partecipare semplicemente ai consorzi dell’Unione Europea – spiega l’inchiesta – stanno diventando più scarsi”, secondo gli stessi i ricercatori. E “alcuni scienziati britannici non si preoccupano più di richiedere sovvenzioni UE, data l’incertezza sul futuro. Altri invece hanno lasciato il Paese”. Sono anche gli stessi responsabili di progetti e direttori di “laboratori anche presso le istituzioni più prestigiose” a descrivere “difficoltà senza precedenti nell’attirare postdoc dal resto d’Europa”.
Secondo l’articolo Science, “dal 2015 al 2019, la percentuale di ricercatori in carriera con prestigiose borse di studio dell’UE che hanno scelto università britanniche è diminuita in modo sostanziale”. Da una parte per fortuna “i politici britannici stanno aumentando in modo significativo i budget scientifici nel tentativo di rafforzare le capacità industriali del paese dopo la Brexit”. Mentre le università britanniche “continuano a reclutare con successo per posizioni permanenti”. Nessuno però, “sa come andrà a finire tutto e se i piccoli danni iniziali alla scienza del Regno Unito si trasformeranno in una ferita più profonda.
Split decisions, di Erik Stokstad. Pubblicato da American Association for the Advancement of Science. DOI: https://doi.org/10.1126/science.366.6461.24. Stampa ISSN: 0036-8075. ISSN online: 1095-9203. Link: abstract e articolo.
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