Secondo il neuroscienziato statunitense Michael Graziano la coscienza si sarebbe sviluppata, in animali e esseri umani, per creare un modello della realtà in cui vivono.
E grazie alla coscienza noi avremmo sviluppato l’empatia e saremmo diventati ciò che siamo come esseri umani e sociali. Ricercatore all’università di Princeton, Stati Uniti, Graziano espone tale ipotesi – basata su studi suoi e ricerche precedenti di altri neuroscienziati – nel suo recente libro Rethinking Consciousness: A Scientific Theory of Subjective Experience. Ripensando la coscienza: una teoria scientifica dell’esperienza soggettiva. Il volume è stata pubblicato nel mese di settembre 2019 dalla casa editrice Norton, ISBN10: 0393652610; ISBN13: 9780393652611.
Lo studioso è partito dalla constatazione che “focalizzare l’attenzione può aiutare un animale a trovare cibo o a fuggire da un predatore”. Una capacità utile per la sopravvivenza, che potrebbe essere alla base dello sviluppo della coscienza. Ripercorrendo l’evoluzione dei viventi, dagli inizi primordiali, il ricercatore prende “esempi dal mondo naturale per mostrare come i neuroni abbiano prima permesso agli animali di sviluppare semplici forme di attenzione: ricevere messaggi dall’ambiente, stabilire le eventuali priorità e rispondere quando e come necessario”.
Evoluti attraverso lo sviluppo dell’attenzione ?
Ne deriverebbe che “alcuni animali si sarebbero evoluti grazie all’attenzione”, che valuta le informazioni in arrivo dall’ambiente che ci circonda, e sceglie quali sono rilevanti e prioritari. Una capacità collegata anche ai nostri ricordi, che ci aiutano nel capire cosa merita la nostra attenzione e cosa no. Secondo Graziano, il cervello avrebbe quindi sviluppato un modello semplificato di sé stesso, basato pure su conoscenze e esperienze precedenti. Tramite tale modello, il cervello controlla e gestisce la nostra attenzione.
Questa sarebbe quindi la nostra coscienza. Che ci ha consentito anche di sviluppare l’empatia verso gli altri esseri viventi. Trasformandoci, afferma Graziano, in esseri sociali. L’autore spiega che questa ipotesi, potrebbe essere utile per sviluppare una coscienza artificiale in sistemi basati sull’intelligenza artificiale. Parlando delle relative opportunità e dei relativi rischi. E va oltre: ipotizzando che sia possibile, in un futuro non troppo lontano, caricare la nostra coscienza in un sistema artificiale. Dimenticando a nostro avviso che ciò che trasferirebbe sarebbero solo algoritmi di funzionamento e byte di memoria e di esperienze. Non la nostra stessa essenza, né la nostra reale coscienza di esseri umani. Immagine: fonte Google Books.
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