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Acqua “sparita”: come NASA sta decifrando i misteri di Marte

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Attraverso le missioni Hubble e MAVEN, gli scienziati stanno svelando il destino dell’acqua su Marte e gettando nuova luce sul clima passato del pianeta.

Marte, oggi un deserto arido, era un tempo un pianeta ricco d’acqua. Gli scienziati sanno che parte di quest’acqua è finita sottoterra, ma il destino del resto ha sempre costituito un enigma. Ora, grazie ai dati combinati del telescopio spaziale Hubble e della missione MAVEN (Mars Atmosphere and Volatile Evolution), la NASA sta facendo luce su questo mistero millenario.

Per comprendere quanta acqua fosse presente su Marte e dove sia andata, gli scienziati hanno dovuto studiare come i singoli atomi di idrogeno e ossigeno, che compongono l’acqua, siano fuggiti nello spazio. Combinando i dati di Hubble e MAVEN, il team ha misurato il tasso di fuga degli atomi di idrogeno nell’atmosfera marziana, riuscendo a calcolare quanto velocemente questi atomi si sono persi nello spazio nel corso dei millenni. Questo processo di fuga atmosferica aiuta a spiegare come Marte sia diventato il pianeta arido che conosciamo oggi.

Il ruolo di idrogeno e deuterio nella fuga dell’acqua

Il cuore di questa scoperta risiede nell’analisi della relazione tra due forme di idrogeno: l’idrogeno regolare (H) e il deuterio (D), una versione più pesante dell’idrogeno. Poiché il deuterio ha una massa maggiore, tende a sfuggire più lentamente nello spazio rispetto all’idrogeno leggero. Studiando il rapporto tra deuterio e idrogeno nell’atmosfera marziana, gli scienziati possono determinare quanto Marte abbia perso della sua acqua nel tempo.

“Man mano che Marte perde acqua, il rapporto tra deuterio e idrogeno aumenta”, spiegano i ricercatori della NASA. Questo dato è cruciale per comprendere non solo quanto fosse umido Marte in passato, ma anche i processi fisici che regolano la fuga di questi atomi nello spazio oggi.

Un ciclo atmosferico dinamico

Un’altra scoperta sorprendente riguarda il ciclo atmosferico di Marte, che si è rivelato molto più dinamico di quanto gli scienziati avessero previsto. Grazie alle osservazioni della missione MAVEN, si è scoperto che l’atmosfera marziana si espande e si contrae in maniera drammatica durante l’anno, a causa delle variazioni nella luminosità del Sole, che aumenta fino al 40% nel punto dell’orbita più vicino alla nostra stella.

Quando Marte si avvicina al Sole, le temperature aumentano, facendo espandere l’atmosfera e accelerando la fuga di idrogeno e deuterio nello spazio. Questo ciclo annuale dimostra come la perdita d’acqua su Marte sia regolata non solo da fattori interni, ma anche dall’attività solare.

Il valore della storia dell’acqua su Marte

La storia dell’acqua su Marte ha implicazioni che vanno ben oltre il pianeta rosso. Comprendere come Marte abbia perso la sua acqua è fondamentale per approfondire la nostra conoscenza del sistema solare e, in particolare, dei pianeti che si trovano nella cosiddetta zona abitabile, la regione dove le condizioni permettono la presenza di acqua liquida, come la Terra e Venere.

“Studiare Marte ci permette di esplorare non solo il nostro sistema solare, ma anche pianeti simili alla Terra che orbitano attorno a stelle lontane,” sottolineano gli scienziati della NASA. Marte, infatti, offre un’opportunità unica per studiare i meccanismi che potrebbero determinare l’evoluzione di altri mondi abitabili.

Le ricerche di Hubble e MAVEN stanno contribuendo a decifrare il mistero della perdita d’acqua su Marte, fornendo nuovi dati che aiutano gli scienziati a risalire indietro nel tempo, quando il pianeta poteva essere potenzialmente abitabile. Questo studio non solo aumenta la nostra comprensione di Marte, ma apre la strada alla comprensione di pianeti simili alla Terra in altre parti della galassia, facendoci riflettere su ciò che rende unico il nostro pianeta blu.

In sintesi, il lavoro combinato delle missioni NASA sta dimostrando che Marte, nonostante oggi appaia desolato, potrebbe custodire le chiavi per comprendere il destino di altri mondi abitabili nel cosmo.

Immagine: cortesia NASA – JPL / Caltech.

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