L’eredità di un pioniere della cura empatica che, tra fede e scienza, ha sfidato le convenzioni della psichiatria, con intuizioni profonde e rischi però di sottovalutazione medico scientifica.
La recente scomparsa di Eugenio Borgna, avvenuta il 4 dicembre 2024, offre un’occasione per riflettere sulla sua eredità intellettuale e sulla sua visione della psichiatria, profondamente intrecciata con la fede e l’umanesimo. Borgna, psichiatra di fama internazionale, è stato un precursore di un approccio che metteva al centro la dignità umana, la comprensione empatica e l’ascolto, in un campo spesso dominato da una visione medica e biologica della malattia mentale.
Una visione rivoluzionaria, ma controversa
Borgna sosteneva che la malattia mentale, in senso stretto, non esiste. Secondo la sua visione, le patologie psichiatriche dovrebbero essere interpretate non come condizioni patologiche definite, ma come espressioni di sofferenza umana, intrecciate ai vissuti esistenziali e relazionali dei pazienti. In questo senso, Borgna privilegiava un approccio fenomenologico ed empatico, basato sull’ascolto e sull’interpretazione dei significati nascosti delle parole dei pazienti. Egli riteneva che i farmaci potessero essere utili, ma solo come supporto, e che il vero processo terapeutico consistesse nel guardare alla totalità della persona.
Tuttavia, questa visione non è priva di limiti e critiche. Ridurre la malattia mentale a una dimensione esclusivamente esistenziale potrebbe sottovalutare la complessità biologica e neurologica di molte condizioni psichiatriche, come la schizofrenia o il disturbo bipolare. La scienza moderna ha dimostrato che molte malattie mentali hanno una base genetica, chimica o strutturale che richiede un intervento farmacologico adeguato. Ignorare questi aspetti potrebbe comportare un rischio di sottotrattamento o di mancato riconoscimento di condizioni gravi.
Il rapporto con la legge Basaglia
Borgna ha diretto l’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Novara negli anni ’60, anticipando alcuni principi della legge 180, conosciuta come legge Basaglia, che ha portato alla chiusura dei manicomi in Italia. Egli condivideva l’idea di un approccio più umano e meno coercitivo alla cura delle persone affette da sofferenza psichica. La sua prospettiva era però più orientata all’ascolto empatico e alla dimensione esistenziale, rispetto alla visione strutturale e sociale di Basaglia, che mirava a smantellare le istituzioni totali.
La legge Basaglia ha rappresentato un momento rivoluzionario nella psichiatria italiana, ma non è esente da limiti. Pur avendo restituito dignità e diritti a molte persone, ha lasciato lacune significative nell’organizzazione dei servizi territoriali. Molti pazienti, una volta dimessi dai manicomi, si sono trovati privi di un’adeguata rete di supporto, con conseguenze che ancora oggi rappresentano una sfida per il sistema sanitario.
Borgna, con il suo rifiuto di una categorizzazione rigida delle malattie mentali, avrebbe potuto contribuire a un’ulteriore difficoltà nel definire protocolli terapeutici chiari e condivisi. L’idea che la malattia mentale non esista potrebbe portare, se interpretata in modo assoluto, a un rischio di relativismo nella diagnosi e nel trattamento.
Scienza e fede nel pensiero di Borgna
La dimensione spirituale era centrale nella visione di Borgna, che era un credente convinto. Egli vedeva ogni paziente come una parola incarnata di Dio, e la sofferenza psichica come parte di un mistero più grande, legato alla condizione umana. Questo approccio ha ispirato molti, ma potrebbe essere stato percepito come lontano dalle esigenze pratiche di una psichiatria che deve rispondere a problemi concreti e immediati.
Un’eredità ambivalente
L’approccio di Borgna ha il merito di aver riportato l’umanità e la dignità al centro della psichiatria, sfidando la riduzione del paziente a un semplice caso clinico. Tuttavia, il suo rifiuto della malattia mentale come entità biologica potrebbe essere visto come un limite, soprattutto alla luce delle conoscenze scientifiche attuali.
La sua eredità rimane comunque preziosa: ha sollevato interrogativi fondamentali sul significato della cura, sulla relazione medico-paziente e sul ruolo della spiritualità nella guarigione. In un tempo in cui la psichiatria rischia di diventare sempre più tecnica, le sue riflessioni invitano a considerare la persona nella sua totalità, come intreccio di corpo, mente e anima.
Immagine: elaborazione artistica.
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