Una nuova riflessione sull’uomo: mente e coscienza, per il neurochirurgo Egnor, non si spiegano solo con il cervello, ma rimandano all’immortalità dell’anima
Aprile 2025 – Con The Immortal Mind, il neurochirurgo e divulgatore scientifico Michael Egnor torna al centro del dibattito tra neuroscienze, filosofia della mente e teologia, proponendo una tesi forte e controcorrente: la mente umana non può essere ridotta al cervello e l’anima è una realtà immortale che trascende la materia.
Pubblicato nel marzo 2025, il libro è già al centro di un acceso dibattito negli ambienti accademici e religiosi internazionali, attirando l’interesse di filosofi, credenti e scettici.
Chi è Michael Egnor?
Michael Egnor è professore di neurochirurgia alla Stony Brook University (New York) e collaboratore del Discovery Institute, noto per le sue posizioni critiche verso il materialismo neurologico. Da anni si impegna nel mostrare i limiti delle spiegazioni puramente biologiche della coscienza, sostenendo una visione dualista dell’essere umano ispirata al pensiero classico aristotelico-tomista.
In The Immortal Mind, Egnor sistematizza le sue argomentazioni in modo accessibile, rivolgendosi non solo agli specialisti ma anche al grande pubblico.
Contenuto e tesi principali
Il libro si apre con un’analisi delle neuroscienze contemporanee e delle principali teorie della coscienza. Secondo Egnor, la coscienza non può essere spiegata come semplice funzione neuronale: esperienze come il libero arbitrio, la memoria autobiografica e l’identità personale indicano una componente immateriale.
Tra i punti chiave del testo:
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Critica al riduzionismo materialista, che considera il pensiero una mera attività cerebrale;
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Difesa dell’immortalità dell’anima, sulla base di evidenze filosofiche e fenomeni clinici (come esperienze di pre-morte e stati di coscienza alterati);
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Riflessione sul rapporto mente-corpo, in linea con la tradizione tomista;
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Argomentazioni etiche e teologiche sull’unicità dell’essere umano, contrapposta all’idea che l’uomo sia solo un prodotto evolutivo complesso.
Egnor afferma:
“Non siamo solo cervelli. Siamo anime incarnate. La coscienza non può morire perché non è nata dal cervello.”
Scienza e fede: un dialogo necessario
Il libro si colloca nel più ampio dibattito su scienza e fede, contribuendo a riaffermare una visione antropologica integrale, in cui la scienza non è negata, ma inserita in un orizzonte più ampio. Per Egnor, la ragione aperta alla trascendenza è essenziale per comprendere chi siamo e dove stiamo andando.
Il suo approccio si collega anche a figure come John Polkinghorne, Francis Collins e Karol Wojtyła, che hanno cercato di armonizzare scienza e spiritualità.
La forza di The Immortal Mind sta anche nella capacità di Egnor di connettere esperienza clinica e riflessione filosofica. L’autore non si limita a confutare teorie neuroscientifiche, ma riporta numerosi casi reali osservati in sala operatoria, tra cui pazienti che, pur con gravi danni cerebrali, conservano funzioni cognitive superiori inspiegabili dal punto di vista puramente materiale. Questi esempi sono usati per sostenere che la mente non è contenuta nel cervello, ma è in rapporto con esso come un principio superiore alla materia, capace di sussistere oltre la morte.
Egnor invita anche a riscoprire la dimensione spirituale dell’intelligenza umana, spesso soffocata dal predominio delle neuroscienze computazionali. A suo avviso, il vero progresso umano non consiste nell’estensione della potenza tecnica, ma nella conoscenza del significato profondo della vita. In un’epoca in cui si parla di mente artificiale e superintelligenze, The Immortal Mind offre una contro-narrazione potente e necessaria: quella di una mente incarnata, libera, consapevole e immortale, capace di dialogare con il Mistero.
Ricezione e controversie
La pubblicazione ha suscitato interesse e critiche:
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Alcuni neurologi accusano Egnor di trasformare la scienza in apologetica religiosa;
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Altri filosofi e teologi, invece, lodano la sua capacità di recuperare categorie dimenticate, come “anima”, “intelletto”, “volontà” in un linguaggio rigoroso e aggiornato.
In ambito cristiano, il libro è stato accolto positivamente come contributo al recupero della centralità della persona in un mondo sempre più dominato da visioni riduttive e tecnologiche.
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